La Milano dei violenti Ecco chi sono gli amici sanguinari di Vauro

La bandiera di "Freedom Flotilla" sventolava al concerto per Pisapia. Vauro: l’ho fatta io, sono pacifisti. Ma l’organizzazione pro Hamas nel 2010 cercarono di uccidere le teste di cuoio israeliane

La Milano dei violenti 
Ecco chi sono gli amici 
sanguinari di Vauro

La Colomba dedicata da Vauro agli amichetti di «Freedom Flotilla» sarà nelle intenzioni anche pacifica, ma svolazza sulle ali di una memoria comodamente corta. Una memoria opportunamente resettata non appena Daniela Santanchè, ospite giovedì sera di Annozero, ricorda al vignettista che la bandiera - disegnata per Freedom Flotilla e sventolata durante le manifestazioni per Pisapia sindaco - rischia di sollevare altri sospetti di collusioni tra estrema sinistra e terrorismo.

Per capirlo basta tornare al 31 maggio di un anno fa. Quella notte una squadra di commandos israeliani di Flotilla 13, l’equivalente dei Navy Seals americani impiegati per eliminare Osama Bin Laden, si cala sulla Mavi Marmaris, una nave turca che guida la spedizione di Freedom Flotilla pronta a forzare il blocco di Gaza. Convinti di fronteggiare dei pacifisti gli incursori si calano dagli elicotteri con le sole pistole, ma si ritrovano circondati da una folla di militanti aggressivi e violenti, armati di spranghe, coltelli e asce. I primi tre incursori vengono circondati feriti e sopraffatti. Uno trascinato sottocoperta è preso in ostaggio. Un altro, gravemente ferito, si butta in mare.

Un terzo lotta in attesa dei rinforzi. Per salvarlo dal linciaggio e recuperare il prigioniero sottocoperta i commandos si ritrovano costretti a uccidere nove «pacifisti» e a ferirne una cinquantina. «Chi si avvicinava - racconterà uno dei sette feriti israeliani - voleva solo ucciderci, ero prigioniero... quando ho sentito la pugnalata allo stomaco mi sono buttato di sotto, ma hanno ripreso a colpirmi e allora mi sono tuffato in mare».
Già l’atteggiamento di un organizzazione «pacifista» pronta ad attaccare uno dei migliori reparti d’elite al mondo dovrebbe destare qualche sospetto.

Ma il peggio sugli «amici» di Vauro salta fuori quando si scopre che sono militanti dell’Ihh («Insani Yardim Vakf»), un’organizzazione umanitaria turca sospettata di collusioni con il terrorismo islamico e legata ad Hamas. Secondo un dossier del 2006 firmato dall’analista americano Evan Kohlman per l’ «Istituto danese di studi internazionali» l’Ihh è nel mirino dell’antiterrorismo turco fin dal 1997. Quell’anno una perquisizione del suo quartier generale ad Istanbul porta alla luce armi, esplosivi, istruzioni per confezionare ordigni esplosivi e documenti sui militanti andati a combattere in Bosnia, Cecenia e Afghanistan. Nel 1996 un memorandum dell’Uclat, il centro francese d’antiterrorismo, rivela invece che Bulent Yildirim, fondatore di Ihh, è coinvolto nel reclutamento di volontari dell’internazionale islamica.

Sospetti comprovati - stando al rapporto - dalle intercettazioni dalle telefonate tra Yildirim e i militanti della moschea milanese di via Jenner impegnati, al tempo, sui fronti della Bosnia.
Le relazioni sospette del gruppo «umanitario» che guida la spedizione di Freedom Flotilla dello scorso anno non si limitano al passato. L’organizzazione, secondo l’intelligence israeliana, coordina le proprie campagne con Hamas ed ha rapporti diretti con i suoi capi. Accuse comprovate dalle foto dell’incontro del gennaio 2009 a Damasco tra il numero uno dell’Yhh Bulent Yildirim e il segretario generale di Hamas Khaleed Meshal. L’Ihh fa inoltre parte della «Union of Good» una confederazione di organizzazioni umanitarie islamiche a cui, nel novembre 2008, il dipartimento del Tesoro americano congela i fondi dopo aver trovato le prove del «trasferimento di milioni di dollari alle associazioni consociate con Hamas».

L’elemento più grottesco è però la profonda dissonanza con cui i fondamentalisti turchi e l’estrema sinistra italiana ed europea reagiscono all’episodio della Mavi Marmaris. Per la sinistra «pacifista» di casa nostra l’episodio è un massacro frutto della violenza israeliana. Per i parenti e i compagni di fede, intervistati dai quotidiani turchi, la morte sulla tolda della Mavi Marmaris è un sacrificio voluto e cercato. «Prima di imbarcarsi ripeteva sempre di voler diventare un martire, lo desiderava tanto» - racconta al quotidiano Milliyet Sabir Ceylan quando apprende che tra i morti figura anche l’amico 39enne Ali Haydar Bengi. «Aiutava gli oppressi, sognava di andare in Palestina e pregava Allah di farlo diventare un martire» conferma in un altra intervista la moglie del defunto. Persino il 55enne «Ali Ekber Yaratilmis padre di cinque figli - stando a quanto riferisce al quotidiano Sabah l’amico Mehmet Faruk Cevher - desiderava da sempre una morte da martire». E il cognato del 61enne Ibrahim Bilgen così descrive la morte del parente ucciso: «Il martirio gli si addiceva proprio... Allah gli ha concesso la morte che desiderava».

Prima di

disegnar altre colombe Vauro dovrebbe capire, insomma, a chi vuole dedicarle. Se agli amici del terrore islamico o al pacifismo autentico e sincero. Che naviga, però, assai lontano dalle torbide acque di Freedom Flotilla.

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