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Milano, niente scontrini: beccato un esercente su tre

Blitz nelle vie dello shopping di Milano: 230 i negozi e i bar setacciati dalla Gdf. La Lega: "Solo cinema"

MilanoEra andata a dormire dopo una notte passata in compagnia degli ispettori dell’Agenzia delle entrate. E ieri, Milano si è svegliata con i controlli della Guardia di finanza. L’operazione anti-evasione è proseguita in città per il secondo giorno consecutivo. E ha prodotto risultati. Sono stati 230 gli accessi negli esercizi tra bar, ristoranti e negozi visitati dalle Fiamme gialle del comando provinciale, e il bilancio è stato di tutto rilievo. Settantacinque i commercianti a cui i militari della Gdf hanno contestato irregolarità. Insomma, più di un negoziante su tre si è dimostrato allergico agli scontrini.

Da piazzale Cadorna a corso Vittorio Emanuele, pieno centro di Milano a pochi passi dal Duomo, da corso Buenos Aires - una delle vie dello shopping più importanti della città - fino a via Paolo Sarpi e strade limitrofe, dove i negozi «made in China» si moltiplicano ormai da anni. Centoventi i finanzieri impegnati dalle 10 di ieri mattina in un’operazione che arriva dopo i blitz a Cortina, a Roma e a Portofino, tutti nel giro di una dozzina di giorni. Una vasta strategia anti-evasione che dall’inizio dell’anno ha fatto emergere anche situazioni-limite: dalle auto di lusso possedute da chi dichiara redditi sotto i 30mila euro, al ristoratore che ha moltiplicato i guadagni anche di cento volte da un sabato all’altro. In realtà, almeno per quanto riguarda le Fiamme gialle di Milano, i controlli anti-evasione rappresentano un’attività di routine. Ma ora, l’eco della stretta ai furbetti del registratore di cassa alza la soglia di attenzione. Scontrini e ricevute fiscali, dunque, nel mirino dei finanzieri. L’incidenza delle irregolarità, come detto, è stata alta: ogni tre verifiche, una ha portato alla contestazione. La giornata si è così conclusa con 230 controlli, e in ben 75 casi è stata accertata la mancata emissione di scontrino o ricevuta fiscale (pari al 31 per cento dei casi), un centinaio di capi contraffatti delle più note griffe di moda sono stati sequestrati dagli uomini della Gdf, mentre si sono presi una denuncia due stranieri già colpiti da un ordine di espulsione. A questi numeri, vanno poi aggiunte le 300 auto di lusso controllate sabato notte dagli agenti della polizia locale, il 15 per cento delle quali ha intestatari «sospetti», cento lavoratori in nero, tre clandestini e circa un 10 per cento di irregolarità nel rilascio degli scontrini.

L’iniziativa di ieri mattina, in realtà, ha trovato apprezzamento negli stessi commercianti di corso Buenos Aires, che con i suoi 370 negozi da piazza Oberdan a piazzale Loreto è una delle più grandi d’Europa. Di più, «ci vorrebbe un presidio fisso per allontanare i 200 venditori irregolari che ogni giorno si sistemano lungo i 1.600 metri del corso - spiega Gabriel Meghnagi, presidente di AscoBaires, l’associazione dei commercianti dell’arteria -. La maggior parte di noi non ha assolutamente nulla da nascondere». E chi parla di blitz antipatico? «I finanzieri sono entrati anche nei miei due negozi - dice ancora Meghnagi -. Erano in tre e sono stati gentilissimi». Rilancia il Codacons, che chiede di ripetere i blitz «ad ogni fine settimana, a turno, nelle varie città a vocazione turistica o dove c’è la movida, per quanto riguarda ristoranti, bar e locali notturni». Critica, invece, la Lega. Il consigliere comunale ed europarlamentare Matteo Salvini, tornando alla notte dei controlli nei quartieri della movida milanese, parla di «cinema».

«Questa operazione mi sa di cavalcata alla John Wayne, perché molti esercenti milanesi sono in credito d’Iva e lo Stato cosa fa? Rompe le palle alle due di notte. È più comodo andare a controllare il macellaio e il panettiere italiano perché quelli pagano, da altre parti si prendono le bastonate. Non provo simpatia per queste operazioni paramilitari».

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