Domani il giorno della verità. E forse dell'autonomia. Sette milioni di lombardi sono chiamati alle urne per dire la loro sul percorso immaginato dalla Regione. Il Pirellone, se tutto va secondo i piani del governatore Roberto Maroni, intende approvare già martedì una piattaforma di rivendicazioni da portare sul tavolo del negoziato col governo centrale. Due i fronti della vertenza politico-istituzionale : competenze e corrispondenti risorse da un lato, residuo fiscale dall'altro. Insomma, la Lombardia intende farsi assegnare nuovi poteri da Roma, per gestire direttamente (e meglio) alcuni poteri (scuola, sicurezza, cultura, fisco, previdenza, Maroni ne ha citati tanti). Ma la Regione più dinamica e produttiva d'Italia pensa anche di mettere mano al residuo; insomma trattenere più tasse sul territorio. Il centrodestra è a favore del referendum. Lega e Forza Italia sono convinte e mobilitate. Gli azzurri saranno presenti ai seggi con più di 300 eletti e simpatizzanti e nel corso della campagna hanno organizzato oltre 150 eventi. Il leader della Lega Matteo Salvini ha detto ieri che il voto «è un'opportunità: «Se la gente sta a casa vuol dire che l'autonomia interessa poco, ne prenderemo atto e continueremo a lavorare tranquillamente». Il Carroccio anche ieri ha manifestato a Palazzo Lombardia. Per il Sì è anche «Lombardia popolare», che si richiama una precisa tradizione politica, quella cattolica, che è storicamente autonomista e fautrice della sussidiarietà. Anche Fratelli d'Italia in Lombardia si è pronunciata per il Sì, anche se ieri l'ex ministro Ignazio La Russa ha parlato, per quanto lo riguarda, di un «Sì, ma».
Nel centrosinistra grande confusione, soprattutto per le variegate posizioni interne al Pd (mentre la sinistra-sinistra ha lavorato per boicottare il referendum). Mentre molti sindaci condividono la battaglia autonomista, il segretario del Pd Alessandro Alfieri non andrà a votare e la stessa posizione l'ha maturata Barbara Pollastrini, deputata milanese e vicepresidente del Partito democratico: «Tendo per natura a partecipare - ha detto ieri - Sempre. Anche per questo ho grande rispetto per chi domenica andrà alle urne. Ma questa volta, con dispiacere, non andrò a votare». D'altro canto lo stesso Alfieri ha dato la «disponibilità» sua e del partito a «sedersi a un tavolo» insieme a Roberto Maroni per preparare il negoziato da avviare con il governo in caso di vittoria dei Sì. E sulla scelta astensionista del segretario Pd arrivano gli strali leghisti: «La posizione della segreteria regionale del Pd lombardo è ridicola e lontana dal sentire del loro elettorato, della loro base e dei loro amministratori» ha detto il pari grado del Carroccio Paolo Grimoldi.
È chiaro che la partita decisiva si gioca tutta sull'affluenza e sulla partecipazione al voto della società civile.
In questo senso è da registrare la scelta di Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio nazionale e locale. «Io vado sempre a votare» ha detto. L'associazione ovviamente, non dà (mai) indicazioni di voto ai propri associati, ma sottolinea che andare a votare è una buona regola per la democrazia.
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