Alda Merini, i ritratti della nostalgia

La poetessa ricordata in un'esposizione tra pittura e fotografia

Marta Calcagno Baldini

Bastano tre sale piccole, a volte, per aprire un Mondo. Bastano una trentina di immagini, tra foto e ritratti, più qualche libro, per farsi trascinare nella poesia chi viveva Dentro quella mordente nostalgia, come lei stessa scrisse di sé. Lei è Alda Merini, la poetessa milanese mancata il I novembre 2009, oggi in mostra alla Kasa dei Libri, in Largo De Benedetti 4, fino al 20 giugno. Le tele sono di Luciano Perolini, pittore cremasco classe 1944, autodidatta appassionato di ritrattistica. Indro Montanelli, Ennio Morricone, Alberto Sordi sono solo poche tra le centinaia di personalità che Perolini ha incontrato e restituito al Mondo nei suoi quadri. O che, come Alda Merini, ha conosciuto solo indirettamente attraverso le fotografie. E qui sta la peculiarità di questa mostra alla Kasa dei Libri: la poetessa e la sua pazzia, quasi più nota della sua arte nell'uso delle parole, respirano nelle tele di Perolini, che eppure non l'aveva mai conosciuta personalmente. Il suo letto, dove appoggiava di tutto, le sue sigarette, che non l'abbandonavano mai, il telefono, con cui usava chiamare spesso e volentieri in una giornata più e più volte i suoi amici, i Navigli, da cui, «è scomparsa la poesia senza Alda Merini». Come sostiene Simone Brandirali, curatore e ideatore di tale esposizione: «questa mostra è il risultato di lunghi colloqui in cui raccontavo la Merini a Perolini, e lui l'ha capita nel profondo». Brandirali è stato il medico personale della poetessa per poco meno di 18 anni, gli ultimi fino alla morte: «Ho molta aneddotica dentro, ma la cosa più importante è il tempo, il suo tempo che mi ha dedicato e che trascorrevamo insieme nella sua casa-antro della sibilla». Per Brandirali Il disturbo psicologico della Merini ha aggiunto valore alla sua parola. Invece i critici non hanno mai accettato che fosse matta. E così è rimasta sconosciuta o quasi fino al 1991, quando Einaudi pubblica Vuoto d'amore -spiega -. Nel 1992 va al Maurizio Costanzo, e da lì diventa popolare. Ma credo che l'essere conosciuta così, in modo improvviso e poco approfondito, le abbia nuociuto. È la più grande autrice italiana del Novecento, ma non è abbastanza apprezzata». Eppure era circondata da amici, come dimostra anche una sezione della mostra: eccola ritratta con Alberto Casiraghy, creatore della casa editrice Pulcinoelefante per cui la Merini ha pubblicato centinaia di poesie e aforismi. O con Giuliano Grittini, stampatore d'arte, artista fotografo. Con Giuseppe, Peppino, D'Ambrosio, editore, artigiano, scrittore, poeta, con una bancarella in piazza Duomo dove vendeva i libri che stampava.

Una mostra su una scrittrice quasi tutta lasciata alle immagini, come mai? «È visiva perché vuole essere un omaggio a Sheiwiller, editore della Merini, su cui a ottobre alla Braidense ci sarà un convegno- spiega Andrea Kerbeker, scrittore, professore, bibliofilo nonché fondatore della Kasa dei libri-. E poi perché abbiamo voluto organizzare due appuntamenti specifici in cui approfondiremo la figura della poetessa».

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