Cenerentola di Ponnelle torna alla Scala nel ricordo di Abbado

Domani in scena il melodramma giocoso nello storico allestimento del regista francese

Cenerentola di Ponnelle torna alla Scala nel ricordo di Abbado

Alla fine trionfa la bontà. Anzi. La Bontà, con la B maiuscola si specifica nel sottotitolo di Cenerentola, l'opera-gioiello di Gioachino Rossini. Aldilà del finale che ribalta le sorti dei protagonisti, durante le due ore e mezza di spettacolo, è però la cattiveria a insinuarsi in ogni piega. Ottavio Dantone, il direttore della produzione alla Scala dal 10 febbraio al 5 aprile, non ha dubbi. «È opera cattiva. La protagonista è buona, ma le sorelle e il patrigno lasciano proprio sbigottiti». Spetta a Dantone riproporre questo dramma giocoso nello storico allestimento di Jean-Pierre Ponnelle ripreso da Grischa Asagaroff. Talmente bello che risulta difficile mandarlo in pensione, anche dopo quasi mezzo secolo di onorata carriera. Come tutte le creature di Ponnelle, è un campione di eleganza, un classico, cucito su misura della partitura di cui rispetta colori, tempo, inflessioni, ironia. Cenerentola - ci rammenta Dantone - «è una macchina teatrale perfetta. Un capolavoro assoluto. Chi ascolta non può immaginare le complicazioni che si celano dietro a tanta apparente semplicità. Se anche per un solo attimo si perde di vista il concetto teatrale e ritmico, si cade nella pesantezza. La difficoltà sta nel prendere le distanze dalla frenesia e dalla lentezza, bisogna cercare un equilibrio fra questi due estremi». Ponnelle consegna una Cenerentola tra fiaba e poesia, con una giocosità che mai cede alla farsa. Gli impianti scenici sono efficaci. A partire dal primo che consente di seguire in contemporanea i movimenti dei protagonisti. Ecco il decadente palazzo di Don Magnifico, con interni di casa di bambola dove le sorellastre si fan belle per il dì, mentre Cenerentola sta al focolare. DI lì a poco seguiremo il risveglio di Don Magnifico e l'incontro con Don Ramiro. Decadente il palazzo di Don Magnifico, che non vede l'ora di sistemar le figlie per salvare le finanze, d'eleganza sopraffina il palazzo del Principe.

C'è attesa per Marianne Crebassa, mezzosoprano francese entrato in punta di piedi alla Scala, ed ora nei panni della protagonista. Assieme a lei, Maxim Mironov, nel ruolo del principe ovvero Don Ramiro, Carlos Chausson è Don Magnifico, mentre nel ruolo del servo Dandini c'è Nicola Alaimo. Alidoro è Erwin Schrott, l'antica fiamma di Anna Netrebko.

Dantone, di formazione milanese, è nato organista e clavicembalista, ha scoperto la direzione d'orchestra intorno ai trent'anni. È assiduo frequentatore del Sei e Settecento. Un mondo barocco e di primo Ottocento (Cenerentola è del 1817) affrontato anzitutto alla testa del complesso Accademia Bizantina di cui è direttore musicale e artistico. Come maestro al cembalo ha lavorato più volte con Claudio Abbado: colui che tenne a battesimo la produzione di Cenerentola firmata Ponnelle. Proprio ad Abbado, scomparso cinque anni fa, sono dedicate queste rappresentazioni. Di Abbado, Dantone ricorda l'unicità nel «creare gruppo fra gli orchestrali convogliando tutte le energie verso lo stesso obiettivo». Ammette che in tal senso, lui ha un vantaggio: «conosco gran parte dei musicisti della Scala dai tempi del conservatorio, alcuni sono stati miei compagni di studi, c'è un rapporto d'amicizia antico», spiega Dantone. Che abita a Parigi da cinque anni, lì per ragioni di cuore (s'è risposato con la cantante Delphine Galou).

Per meditare e rilassarsi si rifugia in Borgogna, tra filari di Pinot nero e Chardonnay. E come Leonardo, ma anche Petrarca, s'è innamorato della vigna: «al momento non ho il tempo di occuparmene. Ma sarà il mio peccato di vecchiaia».

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