Centralini intasati: il boicottaggio gay contro il Family day

I cittadini restano vittime dell'iniziativa per far spegnere le luci al Pirellone. Maroni: "Se passa la legge, referendum"

Centralini intasati: il boicottaggio gay contro il Family day

Lo chiamano «call bombing». Lo scopo (come si legge sulla pagina Facebook creata ieri allo scopo) è «intasare per tutta la settimana in centralino di Regione Lombardia e l'ufficio di presidenza» per «comunicare il proprio dissenso con la scritta sul Pirellone». La scritta luminosa «Family Day» accesa da venerdì scorso per confermare l'adesione della Regione alla manifestazione che si terrà sabato prossimo a Roma contro il decreto legge Cirinnà sulle unioni civili. Le associazioni gay hanno già preso di mira la giunta con fotomontaggi goliardici e foto di baci omo davanti al Pirellone. Il governatore Roberto Maroni non si è scomposto, anzi ha ribadito con ancora più forza la sua linea. Ma vittime dell'iniziativa lanciata ieri da Certi Diritti rischiano di essere soprattutto i lombardi che da oggi a sabato chiameranno il centralino della Regione per avere informazioni (ad esempio) sulla sanità o gli interventi sociali, e troveranno occupato. «Bisogna chiamare il numero, dare nome e cognome e magari comune di residenza (meglio essere lombardi) - è scritto sull'appello al call bombing -, chiedere di parlare con l'ufficio di Presidenza e dopo essersi presentati, fare le proprie rimostranze chiedendo la rimozione della scritta in quanto non rappresenta la totalità della cittadinanza lombarda». Seguono orari di apertura el centralino e l'invito a «farsi sentire» fino a sabato. Ieri pomeriggio - non bastasse - è stato pubblicato anche il numero di cellulare di Vittorio Sgarbi che si è espresso nei girni scorsi contro il decreto sulle unioni gay.

Maroni conferma la sua adesione convinta al family Day, la giunta regionale nei giorni scorsi ha votato all'unanimità l'invio del gonfalone e di una delegazione di consiglieri e assessori sabato prossimo a Roma, oltre allo slogan sul Pirellone. «Il Paese non è con chi accende le luci per spegnere i diritti» ha gridato dal palco di piazza Scala, dove si è svolta sabato la manifestazione delle associazioni gay, il sindaco Giuliano Pisapia. E il governatore ieri ha ribadito che «la difesa della famiglia naturale fondata sul matrimonio è la difesa della Costituzione repubblicana e delle nostre radici. Le grandi battaglie di civiltà si combattono a viso aperto, senza farsi intimorire dai soliti democratici, violenti e intolleranti, capaci solo di insultare chi dice no al pensiero unico». Condivide anche la proposta lanciata dal Foglio: «Pronti per il referendum abrogativo se il Parlamento dovesse approvare il pasticcio». E l'assessore lombarda Cristina Cappellini ha difeso le Sentinelle in piedi che si sono ritrovate in piazza sabato (anche a Milano) con un libro in mano per difendere la famiglia tradizionale e «sono state contestate con bestemmie, sputi e insulti. Noi andiamo avanti per la nostra strada».

Il capogruppo Fdi Riccardo De Corato fa girare sul web un vecchio manifesto del Partito Comunista che

invitava a votarlo «per difendere la famiglia. L'immagine raffigura senza ombra di dubbio un uomo, una donna e un bambino. Cosa pensano - ironizza. gli attuali compagni rispetto ai loro antenati? Erano omofobi anche loro?».

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