Il 16 dicembre per i napoletani non è una giornata qualunque. È uno dei tre giorni all'anno in cui sono esposte al Duomo di Napoli le due antichissime ampolle in cui è conservato il sangue di San Gennaro. E tradizione vuole che se in quell'occasione il sangue non si scioglie per Napoli è un cattivo presagio. Tutto questo per dire che è stata tutto fuorchè casuale da parte del napoletanissimo Sandro Cerino, classe 1958, strumentista jazz (suona il flauto, il sax soprano e alto ed il clarinetto), arrangiatore e compositore, tra i più geniali in circolazione, la scelta di esibirsi sul palco dell'Auditorium di Milano proprio il 16 dicembre con il suo ultimo spettacolo, «Secondo me, Napoli».
Uno spettacolo, in prima assoluta, col quale l'estroso ed eclettico musicista, da decenni di base all'ombra della Madonnina, celebra, da un lato, i suoi primi 35 anni di carriera, e, dall'altro, gli evergreen che hanno reso grande la musica napoletana in Italia e nel mondo. Un progetto davvero ambizioso per Cerino, qui nelle triplice veste di direttore d'orchestra, di compositore e solista. Basti solo pensare che ai suoi ordini, domani sul palco dell'Auditorio in largo Mahler, ci saranno ben 65 musicisti dell'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, nonché il trio jazz composto dal raffinatissimo pianista Fabrizio Bernasconi, dall'affidabile bassista Roberto Piccolo e dall'ottimo batterista Tony Arco, cui vanno aggiunti due grandi interpreti della canzone napoletana di oggi come i cantanti-attori Massimo Masiello e Daniela Fiorentino, vere e proprie star nel capoluogo campano, nonchè, ciliegina sulla torta, il giornalista Antonio Lubrano, chiamato a raccontare i tanti aneddoti che si celano dietro gli autori e i testi del canzoniere partenopeo.«Dopo aver proposto Le quattro stagioni di Vivaldi in chiave jazz, più d'uno mi ha chiesto di fare un'operazione analoga con la canzone napoletana», racconta Cerino. «E in effetti è dai primi Anni Duemila che ci sto pensando e più cercavo di mettere a fuoco l'idea e più mi sono convinto che per realizzare la mia interpretazione personale di un repertorio fatto di amatissimi brani come lo possono essere «O sole mio», «Te voglio bene assaje» o «Funiculì, funiculà», non potevo prescindere dall'utilizzo di una grande orchestra. Questo non per manie di grandezza, quanto perché attraverso i miei arrangiamenti volevo mettere in risalto quanti più colori musicali possibili».
«Tra jazz e orchestra aspettatevi l'inaspettato»,
filosofeggia Sandro Cerino, che proporrà per l'occasione una sua composizione, Echoes of Napule, brano sinfonico tra spirito afro e tarantella «dove la chiave ritmica è rappresentata dalla pulsazione di un cuore che batte».
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