Cori, teorie e confusione "Noi i veri resistenti Il vaccino? È uno schifo"

Le strampalate idee del presidio in Duomo: "Qui si fa la storia". La città stanca e lontana

Cori, teorie e confusione "Noi i veri resistenti Il vaccino? È uno schifo"

«Il Green pass è il primo passo per una dittatura globale». «Con il terrore sanitario vogliono imporci un nuovo modello economico». Teorie strampalate, frasi fatte, velleità di tribuni improbabili. Gli ingredienti del brodo qualunquista si sentono tutti nel presidio inscenato in piazza dal movimento No Vax-No Green pass.

I milanesi cercano di trascorrere un sabato normale. Non sanno che in Duomo si sta combattendo una pagina di «resistenza». «Stiamo facendo la storia» esagera uno dei relatori. La speranza dei milanesi, in gran parte vaccinati e indifferenti, è che il corteo non provochi disordini. La speranza delle famiglie è non patire più disagi del dovuto, quella dei commercianti è contenere le perdite. Non ne possono più di questo rito, che alla gran parte di loro deve apparire insensato.

In Duomo, il leader dei portuali triestini Stefano Puzzer, atteso per ore, alla fine non si fa vedere. Riappare a Genova: «Un grandissimo uomo che però oggi non è stato all'altezza delle aspettative» commenta uno degli organizzatori dal microfono, per poi ridimensionare mezz'ora dopo, parlando di «sfortuna». Manca l'ospita più atteso, ma tutto il resto viene fuori negli interventi dei vari relatori, che danno voce a posizioni confuse e contraddittorie. C'è il professore che si dichiara non contrario ai vaccini, ma li vorrebbe solo per «alcune categorie». Contesta la campagna che mira alla «chimera» dell'immunità di gregge, chiedendo di concentrare gli sforzi sugli stili di vita e sulle cure.

«Nessuno di noi è no Vax» si sente dire. Ma pochi minuti dopo un altro relatore inscena un'invettiva contro lo «schifo», o la «porcheria», che ci stanno iniettando. «La vera prevenzione al vaccino è non farlo». Poi un ragazzo si chiede se «possiamo accettare che la salute sia in mano a persona diversa da noi» biasimando il sistema della «delega» in democrazia e nella medicina. L'idea di fondo è che questa piccola folla sia più consapevole e informata: i meccanismi inconfessabili del potere possono essere svelati solo da loro, i «resistenti», mentre - sottinteso - tutti gli altri italiani sono ormai vittime dei media o di chissà quale altra e impostura.

Quello che si vede in Duomo è un magma in ebollizione, un magma di idee sconclusionate, giocate sulla contrapposizione fra «noi» e «loro». L'orientamento della platea è di marca chiaramente qualunquista. «Destra e sinistra sono parole completamente vuote» spiega uno dei protagonisti, Gian Marco Capitani. Noto per alcune uscite discutibili su Liliana Segre - poi si è scusato - il bolognese parla moltissimo, teorizzando come oggi ci si divida fra «oppressori e oppressi», e «io faccio parte di quest'ultimo gruppo».

Rimbomba «We will rock you». Unica costante è l'umore insofferente per il sistema, per il governo, per la finanza. La cospirazione del «Grande reset» viene evocata più o meno apertamente. «Siamo di fatto una dittatura che sarà esportata in tutti i Paesi». Un avvocato prova a imbastire una sorta di lezione dalla Magna charta alla Costituzione, con scarsi risultati di audience. «Dovete andare a prenderli e metterli tutti in galera 41 bis - scrive qualcuno sulla pagina No paura day - sono tutti corrotti fino al midollo! Io sono No vax, No tamponi, No mascherina, No Green pass! Siamo stati creati liberi e con una mente che ragiona da sola».

Alla fine della giornata il capogruppo della Lega Alessandro Verri commenta così: «Manifestare è un diritto, ma le manifestazioni non devono ledere il diritto degli altri di lavorare.

I commercianti stanno denunciando un calo del fatturato e ci dev'essere anche il diritto di girare per la città senza subire disagi quotidiani. Serve il giusto equilibrio. A Milano la protesta non è violenta ma è chiaro che è arrivato il momento di trovare forme di protesta alternativa».

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