Cristina Chiabotto, conduttrice televisiva e oggi radiofonica, testimonial di grandi marche, showgirl, modella. Dalla vittoria di Miss Italia 2004 non è mai scesa dalla giostra dello showbiz.
Lei è molto spesso a Milano per lavoro e presto tornerà in radio.
«Amo Milano, mi piace molto, è la vera metropoli internazionale italiana. Milano per me è lavoro, appuntamenti uno dietro l'altro, le corse in metropolitana e tanta gente da vedere. Un ritmo che ti conquista».
Milano sta diventando anche la capitale del food.
«Una città dove anche il food è fashion, con tante alternative tra cucina italiana e specialità di tutto il mondo, un'offerta poliedrica, la bellezza di poter scegliere sempre una tavola diversa. Anche solo per un panino o una veloce pausa pranzo hai sempre almeno tre possibilità. Apprezzo anche l'artigianalità dei piccoli locali sul Naviglio o l'atmosfera raccolta, ma glam dell'Isola».
Che rapporto ha con il cibo?
«Sono una buona forchetta, non vado certo avanti a frullati di mela e se qualcuno mi invita a cena attenzione, forse costerà meno regalarmi un vestito. Battuta a parte, chi fa il mio mestiere è sempre molto attento all'argomento vita sana e certamente abbiamo una responsabilità nel dare un messaggio di sani stili di vita».
In famiglia?
«Papà torinese e mamma campana di Benevento, sono cresciuta in una famiglia che mi ha insegnato la cultura del cibo: primi, secondi e dolci con un bel mix di scelte tra carne e vino. La domenica è ancora la giornata dedicata al ragù di nonna Maria con dentro cotolette e polpette. Una festa. Avrà capito che non sono vegetariana. Per me mangiare è godimento, assaggiare qualcosa vale sempre più di ogni descrizione».
Il sapore dell'infanzia?
«Mi ricordo le feste natalizie: mia mamma e mia nonna cucinavano le zeppole salate, i taralli, i dolci e la pizza chiena, una torta salata con dentro il mondo. Mi ricordo bene i piatti beneventani con cui mia nonna mi ha fatto crescere: sapori forti, pieni ma di grande tradizione».
Il profumo che ama in cucina?
«Quelli che vengono dal forno, una cottura che si distingue sempre: dal pollo, al rombo con le patate, al polpettone che mangio spesso. O il profumo del pane che ti fa riconoscere casa».
Ai fornelli o a tavola?
«Sono molto forte nell'allestimento: dal centro tavola alle candele, mai profumate. Colori abbinati, il tovagliolo, la parte scenografica. Ai fornelli non mi sono mai applicata più di tanto, giusto qualche ricetta trovata sul web, viaggio molto per lavoro e i ritmi sono frenetici».
La tavola più bella?
«Spartana, anche gli accessori di plastica possono rendere bene. Rosso e oro per le feste natalizie. Con una pigna dorata al centro e una media candela che non ingombra troppo».
Cosa non smetterebbe mai di mangiare?
«La pizza che per me è una sola, quella napoletana. Se mi dicono alta o bassa mi viene un nervoso... Quando vado a Napoli mi aspettano e mi guardano mangiare. All'Antica Pizzeria da Michele dove Julia Roberts ha girato Mangia, prega, ama una volta sono stata super fotografata da un gruppo di giapponesi. Mi sono detta «sono già conosciuta in Giappone?». Neanche per sogno, immortalavano il mio modo di mangiare e la quantità di pizza... Come da Ciro da Concettina ai tre Santi dove mi dicono Cristina, ti mangeresti pure il tavolo. Io sono fatta così, ma non si deve esagerare, se sgarri qualche volta, poi si torna in riga».
Il pranzo o la cena che non dimenticherà mai?
«Burro di arachidi e riso condivisi con i bambini del Madagascar durante una missione umanitaria cui ho preso parte. Era poco, pochissimo ma con loro era tutto. E poi una cena».
Quale?
«La sera del 19 settembre 2004 dopo l'elezione a Miss Italia. Era presente la mia famiglia e mi sono resa conto che la mia vita sarebbe cambiata, sentivo qualcosa da lassù che mi raccontava un passaggio importante».
Il vino cosa stimola in lei?
«Dopo nove anni di Rocchetta, posso bermi anch'io un buon bicchiere di rosso corposo. Al ristorante chiedo vini dai 14 gradi in su e tutti mi guardano con occhi sbarrati. Amo il Barolo anche per orgoglio, oppure un Primitivo o un Amarone. Andar per cantine è una bella esperienza, in Toscana magari o in Umbria».
Bianco, rosso o bollicine?
«Birra artigianale: cerco quelle particolari, forse perché quando mia mamma mi aspettava beveva birra. Fa latte, dicevano».
Menù tradizionale o innovativo?
«Mi piace provare percorsi di innovazione, nuovi esperimenti, ma non voglio uscire con la fame. Altrimenti ben venga la trattoria con la tovaglia a quadretti».
La regione e la città che per lei sono sinonimo di buona cucina?
«La passione per la birra è nata a Praga e in Spagna vado di Pata Negra e Tapas. All'estero non cerco la cucina italiana, ma quella tipica, anche se l'Italia è il luogo più bello del mondo e non lo sostituirei con nessun Paese. Almeno per la cucina. Per il resto...».
Il suo luogo del cuore?
«Casa mia, la mia famiglia a Borgaro torinese in provincia di Torino».
Cosa porterebbe da Borgaro torinese a un giapponese che la invitasse a Tokyo?
«Tre cose: una rotonda stradale, ne abbiamo un mucchio (ride, ndr), il valore della famiglia che non ha luogo né confine e soprattutto i piatti di mia nonna e il suo ragù».
La cena romantica è un'arma vincente?
«È ancora un'arma vincente, ma io mangio molto e rimangono tutti perplessi. Poi però dicono che bello vedere una donna mangiare così».
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