«I neon tornino in piazza Duomo»

Dal mondo della cultura un appello per far tornare a brillare una parte di Milano che era diventata storia

Che tornino i neon pubblicitari sulla facciata di Palazzo Carminati! L'edificio si trova proprio di fronte al Duomo nella medesima piazza, e dal 1910 fino al 1999, sono stati il simbolo di una Milano da industriale e moderna, all'avanguardia; si pensi che le nostre insegne luminose sono arrivate prima di quelle di Piccadilly Circus e di Times Square. Questi prodigi di tecnica, di design e di marketing sono state tolte sotto la giunta Albertini che ha ottemperato alle delibere della giunta precedente. Ma è dal 2007 che ha ripreso corpo l'idea di ripristinarle. Ora giacciono in un deposito di Rozzano, di un'ex azienda specializzata in neon. Dal neon poi si è passati negli ultimi anni a dei pannelli luminosi animati, più una sorta di proiezioni, direi, ma come ha detto l'architetto Italo Lupi: «Vanno restituite ai milanesi quelle insegne lampeggianti, una rivoluzione silenziosa degli anni del boom economico, una rivoluzione che ha coinvolto anche le donne che cercavano di uscire da certe gabbie familiari per inserirsi nel mondo del lavoro, vedi l'immagine della dattilografa che con la sua macchina da scrivere usa la carta a carbone Kores per duplicare il suo lavoro. Se mai si potranno rimpicciolire, ma ora che Palazzo Carminati è stato ripulito e la sua facciata è in ordine, visto che non è di un ordine monumentale così importante, si potrebbero rimettere questi gioiello d'arte, questo quadro vivente, del resto non sono meglio tutte quelle strutture in ferro con la pubblicità luminosa che occupano marciapiedi interi e sono posti anche davanti ai monumenti o gli stand con cartelloni invadenti. E poi che orrore tutta quella brutta pubblicità su tetti delle case, sui tram e alle fermate dei bus e della metropolitana, altro gioiello di architettura e design, realizzata dallo Studio Albini di Milano con la collaborazione di Bob Noorda e che oggi compie 50 anni; dovremmo fare grandi iniziative e festeggiamenti».

Il recupero e una mostra (si parla di Palazzo Morigi) sembra essere scattata dopo l'interessamento di Rossana di Fazio e Margherita Marcheselli che hanno prima pensato al progetto di un Enciclopedia della donna a partire proprio da quella «signorina Kores» in collaborazione con il dipartimento Studi Storici della Statale, l'Archivio del lavoro di Sesto San Giovanni, l'Associazione amici di Milano, il Museo della donna di Washington. Il reperimento dei fondi avverrebbe con il metodo di partecipazione collettiva «crowdfunding», un nuovo metodo, molto efficace (Limoney.it). Per rendere ospitale questa piazza che non ha nemmeno una panca in pietra o in marmo per sedersi (da poco ha avuto persino l'aggiunta di alberi nella stretta aiuola dove Gardella aveva progettato una intelligente struttura bassa), ci vuole davvero il ritorno di quei tubolari colorati e non a led, perché la filosofia d'arredo è cambiata e anche in occasione dell'Expo è bene che torni quella luminaria con tanti marchi segno di tanta produzione innovativa italiana, francese, americana e giapponese….Non sono di certo i nuovi sistemi di pubblicità a rendere la piazza più ospitale. Non c'è nemmeno un bel bar storico con tanto di tavolini che escano da sotto i portici o dai marciapiedi come a Venezia, Roma, Firenze, Torino o Lisbona, per non parlare di Parigi e Barcellona. Nelle serate di nebbia o in quelle stellate estive, quel «Tableaux vivants» ti dava un orientamento, gli innamorati sotto si baciavano, gli uomini d'affari si davano appuntamento al Ristorante Danze Carminati, anch'esso segnalato a neon e i turisti scattavano foto a più non posso. Era un faro, era un vero spettacolo. Milano è buia, nonostante le promesse del sindaco Pisapia perché con le nuove tasse di veri abbellimenti a Milano non si è visto proprio nulla. Persino i lampioni sul terrazzo della scala, uguali a quella della piazza sottostante, sotto la giunta Moratti sono stati tolti, forse non sapendo che li aveva pensati Luca Beltrami autore e restauratore di tutti i palazzi che circondano il Monumento a Leonardo da Vinci, compreso Palazzo Marino, sede del Comune, un tempo casa del banchiere Marino padre della Monaca di Monza. Quei lampioni li aveva pensati il fabbro Mazzucottelli su disegno del creatore di Milano tra Ottocento e i primi del Novecento. Come erano banali i cartelloni dell'Alitalia che coprivano la facciata di palazzo Carminati durante la sua pulitura…Che bello rievocare la bellezza delle novità delle immagini degli anni Trenta e poi ancora queste luminarie degli anni '50, '60 e '70.

Non c'è dubbio che il Duomo debba prevalere ma allora diciamo a questa amministrazione di rispettare le promesse fatte, abbattere gli innalzamenti delle case specie quelle che portano via la vista della Madonnina, come il grande edificio in via di ristrutturazione in Piazza Santa Maria Beltrade. Si pensi che nel 1386, dietro all'abside del duomo fu allestito un mercato permanente; nel 1548, Ferrante Gonzaga fece sloggiare i venditori e nei diari dei viaggiatori si diceva che la piazza era piena di baracche. Le luci comparvero sul sagrato nel 1877 quando fu sperimentata la luce elettrica. Kimbo, Osram, Candy, Techic, Toshiba, Coca Cola, Cinzano, Aperol, Ramazzotti, Facis, Longines, Clinique, La Roche, BKK, JVC, Bianco Sarti, Cynar. Chi si è scordato che Calindri al Carosello in Tv faceva la pubblicità del Cynar seduto a un tavolino davanti a Palazzo Carminati in Piazza Duomo dove attorno sfrecciavano le auto e i tram, ne fece altre anche in piazza della Scala...«bevete Cynar contro il logorio della vita moderna!. Ridateci anche l'omino Brill! Insomma, persino Sgarbi tuona che devono ritornare quelle vecchie insegne, vere metafore di un'Italia : «E' stata la sovraintendente Gremmo a volere quell'intervento, un orrore, come sono degli orrori i pali della luce in Corso Lodi. Chi li ha disegnati?».

Anche Achille Castiglioni le amava tanto, ma credo che non ci sia un architetto, un'artista, una persona di cultura e di buon gusto per capire che cosa abbiamo perso. Non rimane che affrettarci a rimetterli in piedi finché si sa dove stanno, almeno la maggior parte.

Anche nell'ottica del rilancio del turismo sarebbe una buona idea. Per essi si sono battuti anche Pierluigi Cerri e Claudia Gian Ferrari, Marco Albini e Massimiliano Orsatti, assessore allora al Turismo. Guido Vergani e Gaetano Afeltra ne erano innamorati.

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