«Si tratta di un monologo comico, cabaret raffinato». Maurizio Micheli pare esitare un attimo, come avesse detto un'enormità. «Oggi pochi sanno riconoscere il vero cabaret, in televisione è stato ridotto a insipidi siparietti». Se vogliamo capire la differenza, basta accomodarsi al Franco Parenti, dove da oggi al 26 va in scena Uomo solo in fila, sottotitolo «I pensieri di Pasquale», che non saranno quelli di Pascal, ma insomma. «Un uomo comune fa la coda in fila a Equitalia, o come diavolo si chiama ora. Mentre la gente sta in fila, gli hanno addirittura cambiato nome, all'agenzia di riscossioni fiscali - sorride Micheli -. Non si sa per sbrogliare quale pratica il nostro Pasquale aspetta il turno. Che non verrà mai. C'è gente in fila da cinque anni. E mentre sta in coda, riflette, elabora pensieri, osserva e descrive il mondo. Tutto in salsa comica, nessuno deve annoiarsi. La noia è il primo nemico del teatro».
L'attesa di un uomo in coda, e il mistero del perché si trova lì, fanno pensare a Godot (chi aspetta, aspetta sempre un Godot), Buzzati, Kafka. «Se ci sono elementi kafkiani, sono miscelati con Beckett. Ma ripeto: in salsa comica, da cabaret intelligente, come era nel 1916 il Cabaret Voltaire dei dadaisti, però più da ridere. Mi viene in mente Flaiano, che a teatro si addormentava, poi scriveva la critica. E quando non riusciva a prendere sonno, diceva che era per colpa dello spettacolo: troppo brutto».
Stare in fila, permette al signor Pasquale di ripercorre la propria vita e metterla in relazione con
l'attualità. «Il monologo è un cantiere aperto, surreale, ma collegato con il mondo, non esiste un copione intoccabile» ricorda Micheli. Nello spettacolo, Micheli è affiancato da Gianluca Sambataro al pianoforte-scrivania.
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