Il brand della moda milanese vale 153 miliardi e 243 milioni di euro. Più dei marchi di Coca Cola, Microsoft, McDonalds, Google, Mercedes e Nike messe insieme, la cui somma si ferma a quota 152 miliardi e 56 milioni. Un dato che la dice lunga sullentità dello scippo che avverrebbe se le sfilate traslocassero da Milano a Roma, come ipotizzato nei giorni scorsi. A calcolarlo è stata la Camera di Commercio di Monza e Brianza basandosi sullAnholt Brand Index, un insieme di parametri messi a punto negli Usa per valutare lattrattività delle città e dei loro eventi come se fossero dei veri e propri prodotti. Il valore complessivo del «brand Milano» risulta essere tra i 250 e i 300 miliardi di euro, di cui tra il 51 e il 61 per cento è rappresentato esclusivamente dalla moda. Anche perché nellimmaginario collettivo globale, il capoluogo lombardo e le passerelle sono legati in modo indissolubile. Basti pensare che su 18mila consumatori di 50 Paesi nel mondo cui è stata posta la domanda «A che cosa associ Milano?», ben il 48,58 per cento ha risposto citando le sfilate e le griffe. Circa il triplo di quelli che le collegano a Parigi (soltanto il 18,36 per cento) e quasi il doppio di chi identifica Los Angeles con la cerimonia degli Oscar (il 27,72 per cento) e Stoccolma con il premio Nobel (il 27,63 per cento).
Per calcolare il valore del brand della moda milanese, la Camera di commercio si è basata sullo shopping (a cui si deve un terzo dellindotto turistico provinciale), limport-export, il pil e la consistenza delle imprese nel settore. Nel solo capoluogo lombardo si parla di 8.836 aziende, che sommate a quelle di Monza, Como e Varese arrivano a quota 15.325. Mentre linterscambio commerciale della filiera tessile lombarda nel 2008 ha raggiunto i 17 miliardi e 124 milioni di euro, di cui 6 miliardi e 807 milioni dovuti a importazioni e 10 miliardi e 317 milioni a esportazioni. E se le piccole e medie imprese rivestono un ruolo essenziale, non si può non sottolineare la funzione delle grandi firme.
Nel Best Global Brand, una classifica dei 100 marchi più importanti a livello internazionale, il primo gradino del podio tra gli italiani è proprio di una casa di moda. Si tratta di Gucci, al 41º posto mondiale con un valore di 8 miliardi e 180 milioni di dollari, seguito da Prada all87º (3 miliardi e 530 milioni) e Armani all89º (3 miliardi e 300 milioni). Mentre lunico marchio italiano non tessile a piazzarsi tra le top cento è la Ferrari, 88esima. E a confermare l'importanza delle griffe è anche il fatto che il 31,3 per cento dei milanesi rivela che, incontrando una persona, è abituato a osservare se indossa capi firmati. Con scarse differenze tra i maschi (29,8 per cento) e le femmine (32 per cento).
Per il segretario generale della Camera di commercio di Monza, Renato Mattioni, «nel mercato globale sono sempre più decisivi i simboli in grado di raggiungere i consumatori di tutto il mondo e la moda milanese è uno di questi. Oscurandolo non si avvantaggerebbe Roma, ma si danneggerebbe l'intero sistema Paese. Una volta trasferite nella Capitale, le passerelle italiane perderebbero la capacità di competere con quelle di Londra e Parigi, creando un handicap per tutta la nazione». E aggiunge Mattioni: «Gli effetti si farebbero sentire sullintero made in Italy. Immaginiamo una piccola impresa del nostro Paese che vende bulloni in tutto il mondo e che si trova a competere con un'azienda di Francoforte. Poter associare il suo prodotto alle sfilate può essere decisivo rispetto al fatto di prevalere o soccombere. Ecco perché anche l'orgoglio di essere milanesi e lombardi, rilanciato dal sindaco Letizia Moratti, riveste un ruolo economico fondamentale». Per far comprendere le conseguenze che potrebbe avere la rivalità tra Milano e Roma l'associazione brianzola ha calcolato anche il valore del brand del Gran Premio di Formula 1, pari a 3 miliardi di euro finché si tiene in Lombardia, ma che scenderebbe a un miliardo trasferendolo nella Capitale.
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