Mentre in Europa più Paesi vedono crescere in maniera decisa i contagi Covid, l'Italia comincia a osservare un accenno di risalita dei nuovi casi. E sul fronte degli ospedali si aspetta di capire il vento che tirerà questo inverno. In Lombardia al momento le proiezioni prevedono da qui a un mese un tasso stabile di occupazione delle terapie intensive sotto il 5 per cento. «In genere in questi reparti ci accorgiamo che sta succedendo qualcosa circa 10 giorni dopo rispetto a quando comincia l'aumento dei ricoveri ospedalieri. Attualmente nella nostra regione abbiamo ricoverati circa 46-48 pazienti Covid in terapia intensiva, al Niguarda sono 6 - spiega Roberto Fumagalli, direttore della Terapia intensiva dell'ospedale Niguarda -. Rispetto all'ondata dell'anno scorso ci aspettiamo un afflusso più limitato. Ma questa pandemia ci ha fregato talmente tante volte, e ha sovvertito così tante previsioni, che restiamo cauti. E siamo sempre pronti a riattivarci nel caso fosse necessario». I dati forniti alla Regione registravano il 14 ottobre 50 letti occupati in terapia intensiva contro i 142 del 14 ottobre 2020, così si contavano 579 ricoveri in area medica contro i 3.724 del 2020.
«In genere c'è una latenza di un paio di settimane: quindi nelle terapie intensive lombarde allo stato attuale quello che stiamo osservando è un po' quel che è successo nelle settimane precedenti negli ospedali: una lenta, ma progressiva riduzione dei posti letto occupati» da malati Covid. Sebbene la situazione attuale non desti particolari apprensioni, la cautela è la linea di condotta scelta: «Tante volte ci siamo detti è finita e siamo stati smentiti dagli eventi» ragiona Fumagalli. Vaccino e misure sono senz'altro alleati cruciali: «Nella nostra terapia intensiva - precisa - al momento abbiamo un 20% di ricoverati vaccinati e un 80% di non vaccinati».
Infine sebbene al momento per quanto riguarda i virus stagionali non ci sia un grosso fermento, dall'Europa arriva il monito del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie Ecdc, che non esclude possa essere un inverno particolarmente duro per anziani e fragili sul fronte influenza.
«È una buona ragione in più perché gli anziani e i soggetti fragili a rischio si vaccinino - spiega il primario -. Abbiamo avuto almeno un anno senza influenza, e a questo punto nella stagione in arrivo potremmo aspettarci qualcosa di diverso».
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