Niente di fatto alla seduta del Cipe di ieri. La ragnatela della burocrazia romana ha avuto ancora la meglio e la «defiscalizzazione» necessaria a realizzare infrastrutture indispensabili come Pedemontana e Serravalle sono rimaste soltanto una richiesta che arriva flebile da quella lontana provincia del nord chiamata Lombardia.
A nulla sono serviti gli appelli al governo Renzi del presidente Roberto Maroni, degli assessori e infine anche dell'amministratore delegato di Pedemontana e presidente di Serravalle Marzio Agnoloni. E, invece, niente. Fumata nuovamente nera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica convocato ieri a Roma e che si pensava non avrebbe potuto rimandare ancora una volta una decisione vitale per potare a termine opere considerate indispensabili innanzitutto dell'Expo all'apertura della quale mancano appena dieci mesi. E poi per rilanciare l'economia non solo del Nord messa in ginocchio della crisi.
«La Pedemontana - era stato il grido d'allarme di Agnoloni - ha la reale necessità di vedere approvata dal Cipe la defiscalizzazione che vale 800 milioni di euro e intorno ai 400 attualizzati. Un passaggio fondamentale a che l'opera sia completata». Ma il clima non era dei migliori se già ieri mattina era lo stesso Maroni a non essere troppo fiducioso. «Purtroppo non ho novità - le sue parole - Ho scritto una lettera a Renzi e ho parlato con tutti quelli con i quali dovevo parlare. Il ministro Maurizio Lupi non solo è informato, ma la pensa come me». Perché, ha aggiunto, «c'è l'accordo di tutti i soggetti coinvolti, non si capisce perché rinviare. Questo vorrebbe dire perdere tempo, con il rischio di non finire i lavori nei tempi previsti».
I vertici di Pedemontana e Agnoloni in serata facevano trapelare «grandissima preoccupazione, il tempo stringe e l'opera è davvero a rischio».
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