Pregliasco all'Arco coi No Vax. "Complottisti e anti sistema. È impossibile convincerli"

Il virologo va all'Arco della Pace, a Milano, per cercare di confrontarsi con i manifestanti ma viene insultato: "Pentiti delle tue menzogne..."

Pregliasco all'Arco coi No Vax. "Complottisti e anti sistema. È impossibile convincerli"

Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi e professore associato di Igiene Generale e Applicata dell'Università degli Studi, ieri era mescolato ai circa duecento No Vax che si sono trovati all'Arco della Pace per protestare e ascoltare gli interventi di diversi attivisti europei. Cosa ci faceva un virologo in piazza? «Sono stato invitato da una troupe televisiva ad andare in piazza ad ascoltare i manifestanti: all'inizio - racconta Pregliasco - ero un po' preoccupato, ma una volta lì ho visto che si trattava di persone assolutamente tranquille.

La platea era trasversale c'erano famiglie, mamme con i passeggini, persone di tutte le età». Una volta riconosciuto dal popolo No Vax, Pregliasco è stato insultato e minacciato: «Pentiti dei tuoi peccati e delle menzogne che hai raccontato», gli hanno urlato. Lui minimizza: «Si trattava più che altro di attacchi al sistema e al mondo scientifico: la maggior parte qui sminuisce la portata della pandemia e non crede nei dati ufficiali su malati, contagiati e morti che vengono diffusi - racconta-. Non nega l'esistenza del Covid, anche se crede che ci si possa tranquillamente curare a casa». Li accomuna la radicalità delle posizioni, il fatto che comunque ci sia diffidenza verso gli scienziati e il mondo che rappresentano e palesa assoluta sfiducia nelle istituzioni. Così manca una visione solidaristica e comunitaria della società.

Nonostante tutto il virologo è riuscito a parlare con le persone in piazza: alcune si sono avvicinate spontaneamente, altre sono state approcciate da lui. Obiettivo: capire direttamente cosa pensa chi continua a rifiutare il vaccino. Varie le argomentazioni: «C'è chi sostiene che si tratti di un grande complotto - racconta il medico - chi sostiene che la libertà individuale sia comunque più importante della crisi sanitaria e crede che il Green pass sia uno strumento messo in campo dal governo per dividere la popolazione e poter comandare meglio il popolo, chi ancora concentra sul passaporto verde tutte le frustrazioni e le difficoltà legate a questo momento critico». Dal punto di vista sanitario, invece, «ho visto una profonda paura nei confronti del vaccino nascostada motivazioni più o meno razionali», ma l'idea di fondo è che «i sieri siano pericolosi e le istituzioni, mondo scientifico e media nascondano i rischi che si corrono». È riuscito a convincere qualcuno? «No, è impossibile. Dicono che rimangono della loro opinione e se ne vanno».

Nonostante l'amarezza per le critiche ricevute - «mi spiace, ma credo che ci sia la libertà di esserci, di capire, di ascoltare e di confrontarsi» - il virologo si dice comunque soddisfatto di aver partecipato.

«Credo che sia necessario avere altri momenti di confronto: per stemperare i toni e continuare ad avere una linea diretta con chi è dubbioso e contrario - conclude -. È ancora necessario definire un approccio con i più reticenti, perché la pandemia durerà ancora». Come pensa di agganciare queste persone? «Questa è la scommessa, ma sottoporrò la questione in Regione».

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