La salute del malato cronico riparte dal medico di famiglia

Con la riforma adesso potranno unirsi in cooperative per gestire più da vicino il percorso dei singoli pazienti

La salute del malato cronico riparte dal medico di famiglia

«Passiamo dal concetto della cura del malato cronico al prendersi cura di lui, perché la sua salute dipende dall'attenzione che viene riservata al suo complessivo sistema di vita. In questo gioca un ruolo primario il medico di base, che sarà tanto più valido se non è una figura isolata, ma farà parte di un'organizzazione in cui tanti medici si riuniranno per cooperare. Così il dottore può diventare il gestore della malattia».

Ci troviamo di fronte a una rivoluzione dell'organizzazione del sistema sanitario più a contatto con il cittadino, che riparte dal medico di famiglia, rivoluzione sottolineata non solo dalle parole dell'assessore al Welfare, Giulio Gallera, che ha ospitato ieri a palazzo Lombardia la conferenza di presentazione del «gestore», ma soprattutto dai responsabili delle 6 coop già presenti in Lombardia cui hanno aderito 1200 medici di medicina generale, di cui solo 300 nel milanese.

Sono 3,2 milioni i cittadini lombardi che convivono con una o più malattie croniche: un milione sono presenti sul territorio milanese. Oggi un diabetico che si reca dal medico, una volta uscito si trova di fronte alla solitudine di gestire la sua malattia: la prenotazione degli esami, il «diario» da tenere di controlli e visite. Ora tutto questo può essere monitorato dal «gestore», una sorta di angelo organizzatore, cioè colui che dal 2018 avrà il compito di redigere il Piano di assistenza individuale (Pai). Sarà lui a schedulare, monitorare, controllare che l'ammalato cronico rispetti tutti i passi da rispettare per ottenere un buon risultato.

Nei prossimi mesi l'assessorato al Welfare invierà una lettera agli ammalati, invitandoli a scegliere il proprio gestore, che può essere un medico di famiglia che fa parte di una coop, oppure una struttura sanitaria o sociosanitaia accreditata e a contratto con il servizio sanitario regionale. «Il fatto che diverse figure sanitarie si riuniscano in una coop, dal medico all'infermiere, al pediatra, cambia la prospettiva della sanità di base» ha commentato Fiorenzo Conti, vicesegretario nazionale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). Corti ha ricordato come già da alcuni anni molti medici si siano associati per il progetto sperimentale di assistenza ai malati cronici che, avviato nel 2012 si concluderà alla fine del 2017, coinvolgendo 1000 medici di famiglia, 19 cooperative e quasi 200 mila pazienti.

Davide Lauri, presidente della coop Cmmc (Cooperativa medici Milano centro), Stefano Ongaro della Gst (Cooperativa gestione sanità territoriale) e Anna Carla Pozzi, vicepresidente della Iml (Cooperativa iniziativa medica lombarda) hanno illustrato i benefici che apporta al paziente il fatto di trovarsi inserito in una struttura dove può avere servizi avanzati come le telemedicina, i servizi a domicilio da riservarsi ai pazienti di malattie croniche, a cui vengono installati strumenti specifici per ogni patologia, finalizzati al controllo in tempo reale della glicemia, ad esempio, della pressione arteriosa, della saturazione dell'ossigeno nel sangue, della temperatura corporea, del peso e del ritmo cardiaco.

In futuro non sarà più l'ospedale il più diretto punto di riferimento, ma i medici di base che prevedono anche l'istituzione di micro ospedali di pochi posti letto per le urgenze meno gravi, ma di

routine. «Ricordo che a Ussago nel bresciano esiste già un piccolo ospedale di comunità di una ventina di posti letto. Un reparto interamente gestito da medici di base» ha commentato in chiusura l'assessore Giulio Gallera.

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