«Quando è stata scelta l'Italia ero molto contento perché conosco la creatività e il senso della bellezza italiani. Ma conosco anche l'altra faccia della medaglia e quindi sapevo che il futuro sarebbe stato movimentato». Non una bella immagine quella che il nostro Paese si trascina all'estero se anche un diplomatico di professione e uomo dal linguaggio felpato come Vicente Loscertales è costretto a rivelare questo retroscena della nostra candidatura all'Expo. Una visita, quella del segretario generale del Bie, il Bureau international des expositions che si occupa delle esposizioni universali, fatta per parlare con l'ad Giuseppe Sala «che ha sofferto per questa vicenda e dare a lui e a tutti i dirigenti la nostra massima solidarietà». Una visita al cantiere di Rho-Pero e un'occasione per ribadire che «questo brutto colpo ricevuto non deve rallentare i lavori e far credere che l'Expo non sia possibile». Impossibile negare che anche all'estero, negli uffici del Bie a Parigi, su giornali e televisioni di tutto il mondo e tra le delegazioni dei Paesi, la notizia degli arresti per le presunte mazzette sia stata una bomba. Anche se Loscertales fa capire che un po' ce lo si aspettava, ma la stampa internazionale «si è limitata alla cronaca». Che il problema non sono tanto i maggiori controlli che si sarebbero potuti fare, ma «la condizione umana, il peccato che esiste fin dall'inizio del mondo». E qui non infierisce su una certa propensione a peccare di noi italiani.
Per il resto nessun dubbio che si arriverà in tempo. La certezza che «non ci saranno ripercussioni sugli investimenti e le presenze dei Paesi». Perché, dice, «Milano è una vetrina eccezionale». Essere qui nel 2015 «sarà come essere alla Scala, sul palcoscenico più prestigioso del mondo e non in un teatro di un Paese qualsiasi». Ora, per non compromettere tutto, l'ammissione che sarà necessario sfrondare un po' per accelerare i tempi.
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