Studenti a lezione dagli autonomi

In cattedra nella scuola occupata il comitato che si scontra con la polizia per bloccare gli sfratti

Studenti a lezione dagli autonomi

È davvero incredibile (e anche un po' patetico) che dopo decenni alcune centinaia di liceali, a Milano come in quasi tutte le città italiane, pensino ancora che la rituale occupazione per qualche settimana dei loro istituti, con relativa autogestione, possa servire a qualcosa: quando è ben noto che si tratta solo di ripetitive manifestazioni di finta contestazione del sistema scolastico. Finta perché gli occupanti sanno benissimo, in base a pluridecennale esperienza, che la loro iniziativa nulla cambierà. E perché sanno anche che, in fondo, si tratta di un gioco, un gioco alla rivoluzione e alla politica dei grandi. Se non si può occupare il Palazzo d'Inverno o la Fiat proviamo col Manzoni o col Parini. E ora, da mercoledì scorso, proprio col liceo classico Manzoni è ripartita la campagna di occupazioni. Certo, i tempi cambiano e adesso si fa largo uso dei social network e della Rete e si organizzano dei «media center», come nei grandi eventi. E anche le motivazioni della cosiddetta lotta si adattano ai tempi. Oltre a invocare la «condivisione dei saperi», si contesta, ad esempio, il programma della «Buona Scuola» preparato da governo Renzi perché pare che manchino «garanzie contro possibili privatizzazioni della scuola pubblica» (dimenticando che, di fatto, la scuola pubblica è già soggetta alle private ideologie di presidi, insegnanti e anche studenti).

E si contesta, naturalmente, Expo, fonte di «sprechi con i soldi dei contribuenti». Infine anche le lezioni impartite da esponenti dei centri sociali, i seminari con antagonisti vari e no global assortiti, tutti di casa al Manzoni «okkupato», non sono una novità. Perché cambiano mezzi e modi, ma il conformismo progressista resta lo stesso, dimostrando che spesso i giovani, certi giovani, predicando banalità, in realtà non sono che dei conservatori convinti di essere progressisti. Naturalmente si tratta di adattarsi alle banalità e al conformismo offerti dall'attualità. Si parla di crisi degli alloggi, case occupate e sgombri? Ecco arrivare al Manzoni i massimi esperti in materia di occupazioni abusive con conseguenti scontri con le forze dell'ordine e disordini: gente dei centri sociali, antagonisti e no global. Lezione su come aiutare una famiglia rom a sfondare la porta d'ingresso di un alloggio popolare mentre i due anziani legittimi inquilini sono al supermercato. Lezione su come impedire uno sgombero contrastando con la forza gli agenti che hanno ricevuto l'ordine di eseguirlo.

Lezione su come indicare la disponibilità di case da occupare e su come segnalare l'arrivo delle forze dell'ordine. Insomma, se vogliamo chiamare le cose con il loro nome, lezioni di illegalità. Perché, quando nelle scuole si parla di «cultura della legalità» e si ipotizza perfino di farne una (inutile) materia di insegnamento, in realtà si pensa alla mafia, alla camorra e alla ‘ndrangheta. Dimenticando che l'illegalità nasce nelle piccole o grandi azioni quotidiane, a cominciare dalla rivendicazione abusiva e violenta di presunti diritti. Se si può capire che presidi e provveditori, per evitare che certe situazioni degenerino, accettino di subire le occupazioni degli istituti che dirigono è invece francamente inaccettabile che nelle aule delle loro scuole vengano impartite da estranei lezioni di illegalità.

Forse potrebbero cavarsela chiedendo agli «okkupanti» un po' di pluralismo, proponendo che un funzionario della prefettura, un carabiniere o poliziotto, vada a spiegare perché le occupazioni abusive sono semplicemente un reato.

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