Sul Comune sventola bandiera gay

Sul Comune sventola bandiera gay

Sul Comune sventola bandiera gay. Sia chiaro, benissimo che chi vuole sabato sfili per concludere la dieci giorni dedicata all'orgoglio omosex. E altrettanto bene battersi per la difesa dei diritti di chiunque. Se poi lo si facesse in giacca e cravatta o in jeans e t-shirt invece che con il perizoma di pelle borchiato o col giubbotto decorato con i falli di plastica, sarebbe meglio. Più condivisibile anche dagli omosessuali che la mattina vanno al lavoro e mal sopportano di essere rappresentati da nerboruti transessuali brasiliani che vendono il corpo (e attributi maschili) per strada. Un semplice commercio, il più delle volte a vantaggio di eterosessuali in cerca di trasgressione e non certo un nobile inno alla libertà.

Di tutto questo non si curano il Comune e il sindaco Beppe Sala che hanno deciso di partecipare illuminando la facciata di Palazzo Marino con la gaia bandiera arcobaleno. Decisione che lascia perplessi perché se quella è la casa di tutti i milanesi, magari qualcuno non vuole aderire alla carnevalata. Legittima, seppur di cattivo gusto (quantomeno estetico) per chi ci crede, ma altrettanto destinata a lasciar perplesso chi no condivide. Anche perché molte furono le proteste a sinistra quando un altro palazzo, il Pirellone sede della Regione, fu illuminato per sponsorizzare il Family day. Allora ci fu la corsa al bacio uomo-uomo e donna-donna da postare su Facebook, insultando l'amministrazione di centrodestra che si era appropriata di uno spazio appartenente a tutti. Oggi sul Comune, invece, tutto è permesso. Con l'aggravante che la famiglia tradizionale uomo-donna è tutelata dalla Costituzione all'articolo 29, le coppie gay (almeno per il momento) no.

Dei gay sono tutelati i diritti comuni a tutti i cittadini e chi li viola vada in prigione. Ma tra questi non c'è e non ci dovrà mai essere quello di adottare o peggio «comprare» un bambino, affittando l'utero della sua mamma.

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