Dieci chiusure da giugno 2018 a oggi. Il Comune in un anno ha potuto revocare le licenze a dieci attività commerciali di diverso genere per vicinanza con le organizzazioni mafiose. Un procedimento amministrativo reso possibile dal protocollo stretto con la Prefettura di Milano e di cui si è parlato nel convegno «Racket, usura e corruzione in Lombardia» organizzato da Confesercenti.
«Questo fenomeno di chi usa le attività commerciali per riciclare denaro o utilizza pratiche illecite ha spiegato Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano crea, di fatto, in un mercato che è tendenzialmente sano, i danni tipici della concorrenza sleale». Il problema del racket e dell'usura nel capoluogo meneghino esiste anche se «a Milano non si denuncia» ha sottolineato Ferruccio Patti, presidente di Sos impresa, aprendo l'evento a cui hanno partecipato rappresentanti del Comune, della magistratura, della Procura e del governo. Anzi, spesso si assiste a imprenditori che in qualche modo cercano di sfruttare i mafiosi perché pensano di poterli gestire. Sviluppano «rapporti di cointeressenza» con i clan, magari per anni, chiedendo aiuto allo Stato solo quando sanno di essere indagati.
Il settore del commercio è molto vivace, come ha infatti sottolineato Paolo Seris, direttore dell'area attività produttive del Comune: «Nel solo 2018 sono state circa 6mila le domande per aprire un'attività commerciale a Milano, di cui 3.579 sono domande iniziali e gli altri subentri». Un ecosistema vivo dunque che conta su 83mila attività commerciali, con alcune zone di concentrazione: un esempio è il quartiere, nucleo d'identità locale (NIL) in burocratese, Duomo che ne ha 4mila.
In questo ricco e vivo ecosistema si inseriscono anche i malavitosi: «Sono presenti in tanti settori come quello edilizio ha precisato Eleonora Montani, docente di criminologia dalla Bocconi ma sono sempre più presenti nel commercio». Specialmente quello di piccole dimensioni che permette di avere una rete di controllo territoriale, così come di posti di lavoro per gli affiliati. Le dieci chiusure di questi ultimi dodici mesi infatti hanno riguardato diverse zone di Milano: da Caiazzo ai Navigli passando per corso Como.
«Quello che veramente manca - ha affermato Alessandra Dolci, procuratore aggiunto a capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano è la collaborazione dei cittadini: partecipo a molti incontri pubblici e talvolta qualcuno mi parla di questa o quella attività sospetta, ma alla fine in ufficio non viene mai nessuno».
C'è anche una certa diffidenza verso le istituzioni, ma un primo passo può essere chiamare il numero verde di Confesercenti 800.900.767, attivo 24 ore su 24 e valido per tutto il territorio nazionale.
Gli strumenti per tutelare anche economicamente i cittadini colpiti dal racket li ha messi in campo anche lo Stato, anche se trattandosi di soldi pubblici le procedure sono lente: «Gestisco un fondo milionario ha ammesso Annapaola Porzio, commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e usura ma non riesco a spenderlo: ci sono poche denunce e quando ci sono spesso le persone non presentano l'istanza».
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