"Violentò la figlia, non fatene un eroe"

La denuncia di una mamma: l'ex marito condannato per pedofilia protagonista della mostra "Riscatti"

"Violentò la figlia, non fatene un eroe"

È in carcere perché ha commesso violenza sessuale sulla figlia. Condannato in via definitiva a sei anni, era fuggito a Londra dove è stato poi arrestato grazie ad una catena mediatica tra i carabinieri, l'Interpol e «Chi l'ha Visto». Oggi il suo volto è stato scelto per una mostra fotografica dal titolo «Riscatti», istantanee dal carcere di Bollate. La sua ex moglie, madre della bimba abusata, non ci sta. Chiede rispetto, ma soprattutto considerazione per le vittime, per la loro sensibilità offesa dalla visibilità data ai carnefici e alla loro sofferenza di cui nessuno parla mai abbastanza. Cecilia (nome di fantasia), aveva tre anni quando suo padre, le usò ripetutamente violenza. Ad accorgersene fu la cognata «Mia figlia era a casa di mia sorella - racconta Marta – mimò davanti a tutti gesti inequivocabili di ciò che le veniva fatto. La zia me la riportò subito a casa. Cacciai il padre da casa e da allora è stato un inferno». Marta e i suoi due figli vivevano con il padre a Monza, oggi si sono trasferiti in un'altra regione, a cercare di rifarsi una vita «Ho perso tutto. Per stare accanto a mia figlia, non ho più niente – prosegue – ma è stato giusto così. Il mio ex marito, dopo la condanna, è fuggito a Londra. Ho passato giorno e notte su internet, ho tappezzato la rete e le strade della mia città di volantini con la sua foto. È stato riconosciuto da una ragazza che aveva visto la sua immagine su un gruppo virtuale, attivato su un social network contro la pedofilia. E il 9 aprile 2010 è stato arrestato».Marta racconta la sua battaglia legale, da allora, contro le accuse di essere una cattiva madre mosse dalla famiglia del suo ex. «Combatto, ho dato tutta me stessa e continuo a combattere. Il Tribunale, per atto dovuto, ha ovviamente mandato gli assistenti sociali a controllare anche me. Va bene così, ma quello che è accaduto oggi, quello che ho visto su internet, la sua faccia in quella mostra, mi lascia senza parole». L'uomo è stato scelto insieme ad altri detenuti per raccontare la vita dal carcere «senza presunzione di denunce alcune, ma per raccontare il percorso di riscatto», così recita la presentazione, che verrà esposto allo Spazio Ostrakon di Milano fino al 21 dicembre. «Mia figlia non riesce ad usare la crema, le fa impressione. Non usa le maglie a collo alto, perché si sente soffocare. Lo hanno scritto cosa le ha fatto lui nelle didascalie della foto? Se sta cercando visibilità, gliela daremo noi con una mostra che racconti il mostro». Cecilia è ora seguita da psicologi, la via per il recupero della serenità non è finita «Se mia figlia dovesse vedere quella foto? Lui cerca riscatto, ma non ha mai chiesto perdono. Non ho nemmeno preso i suoi soldi, perché mi fanno schifo. Chi inventa queste mostre, dovrebbe pensare al perché stanno in carcere i soggetti delle loro istantanee. All'effetto che provocano queste iniziative sulle vittime. Nessuno si preoccupa di recuperare le vittime.

Avevamo fatto un piccolo passo verso una nuova vita, e adesso mi ritrovo quella faccia in bella mostra. Parliamo di carcere? Bene io e i miei figli viviamo in «carcere», per cercare di fuggire da questo fantasma, non lui».

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