Finalmente ce l'ha fatta la sussiegosa giuria del premio Nobel. Mentre l'anno scorso l'aveva snobbata nonostante Malala avesse quasi dato la vita per aprire la strada verso le scuole a tutte le bambine in un mondo di talebani assassini, quest'anno il Premio Nobel per la Pace le è stato assegnato. Anche a Oslo si sono accorti che è ormai difficile sopportare la violenza islamista contro le donne, la proibizione di tutte le libertà sin dall'infanzia, sono tempi in cui ogni giorno giungono notizie di donne rapite, stuprate, uccise. E così Malala è tornata all'attenzione della giuria come eroina di tutte le ragazze che vogliono studiare. Ha ancora 17 anni nonostante la sua vita piena di traumatiche esperienze, e il suo visino rotondo ci ricorda che ha avuto un'infanzia negata. Per dedicare il premio a tutti i bambini, e ripararsi da critiche che l'iperconformista Premio Nobel non può sopportare, è stato scelto a pari merito un altro personaggio, per altro ragguardevolissimo, Kailash Satyarthi. Lui è indiano, lei è pakistana, questo aspetto non è stato certo ignorato da chi ama il politically correct , come dimostra lo strano premio all'Unione Europea nel 2012, nel 2009 il bizzarro premio a Obama, e quello a El Baradei che mentre era capo dell'Agenzia Atomica di fatto non ha denunciato la verità, ovvero che gli ayatollah costruivano la bomba; il premio è andato anche a Arafat, che ha rifiutato la pace con Israele ed è il padre del terrorismo internazionale; o a Roberta Menchu, sulla base di informazioni risultate false.
Ma stavolta invece i due premiati sono ottimi: Satyarthi, sessantenne, è attivo dagli anni '90 contro lo sfruttamento dei bambini, ha permesso di liberare almeno 80mila piccoli dalla schiavitù, ha organizzato marce, sit in, ha creato un marchio di fabbrica che certifica che i bambini non sono coinvolti nella produzione di certe merci, ha sfidato mondi cinici e pericolosi. É un bene averlo premiato, purchè non venga annacquato il messaggio duro e spinoso che porta con se Malala, e che riguarda centinaia di migliaia di bambine e donne nel mondo. Infatti non è solo la più giovane Premio Nobel del mondo ma «è diventata una portavoce importante del diritto delle bambine all'istruzione». Malala è un'eroina in un mondo che non esita a fare dei bambini delle vittime e degli strumenti di morte, e in ci le bambine sono segregate, conservate ignoranti, rese schiave sessuali, sposate da vecchi. Aveva undici anni quando cominciò a scrivere per la Bbc un blog in cui descriveva un inferno, il distretto di Swat, casa sua, occupato dai telebani: che avevano fatto saltare per aria la scuola femminile e nella moschea flagellavano gli «apostati». Era proibita la radio, la tv, il cinema, la musica, le vaccinazioni, le cassette, il ballo, il canto, i serial tv..Il corpo di una ballerian fu gettato sulla pubblica piazza. Nell'ottobre del 2012 fu annunciato al padre di Malala che si trovava nell'Illinois che sua figlia era in fin di vita per un colpo in testa: «Oggi ho aiutato in casa, fatto i compiti, ma il cuore batteva perchè andrò a scuola domani» scriveva nel suo diario. Malala è rimasta a lungo fra la vita e la morte, si è ripresa in Inghilterra dove si trova. Il suo premio irrita i conservatori pachistani: il leader del partito religioso Liawat Baloch ha rilevato che la ragazza «è molto seguita all'estero e questo insospettisce». Dal Pakistan si è suggerito che l'attentato fosse opera della Cia. I talebani, hanno definito Malala «una spia americana».
Ma spiegano anche che «è il Corano che impone di uccidere chi fa propaganda contro l'Islam» e che «la Sharia dice che anche un bambino può essere ucciso se fa propaganda contro l'Islam». Gliene diranno, a Malala: intanto dall'Iran un articolista, Nadim Paracha, scrive che la storia è tutta una montatura, la ragazza è polacca, e si chiama Jane. Un pò di umorismo dagli ayatollah non manca mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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