Asakusa, all'ombra del Tuono nuotano le carpe

Tra selfie e nostalgia, nel quartiere spirituale di Tokyo, dove sulle rive del fiume Sumida-gawa, secoli fa la Dea Kannon sorrise a due pescatori

Asakusa, all'ombra del Tuono nuotano le carpe

All’ombra dell’altissima e sfavillante Skytree, la Torre della Televisione, c’è il cuore spirituale di Tokyo, che pulsa da quasi mille anni. Già da tempi lontani, quando la città non era capitale, si chiamava ancora Edo e due pescatori incontrarono la più grande di tutte le dee in quella che sarà Asakusa.

Asakusa è un’oasi antica e religiosa tra i palazzi, i grattacieli, le mille e mille tentazioni di una metropoli che non sa prendere sonno. Ogni giorno migliaia di fedeli, e ancora più turisti, si dirigono verso le rive del fiume Sumida gawa e varcano la porta santa del Tuono, il Kaminari-mon (guarda le foto).

Quest’ingresso, il principale, è sorvegliato a vista da Raijin e Fujin, le enormi statue delle divinità – rigorosamente l’una con la fauci spalancate e l’altra con le labbra serrate – che custodiscono l'accesso meridionale che conduce al Senso-ji che poi è il complesso religioso di templi, statue e luoghi di culto di Asakusa.

I pellegrini, a prescindere dalla ragione che li muove, percorrono il viale, invaso da ordinatissime bancarelle. Definirle bancarelle è una mezza bestemmia, si tratta di piccoli negozietti che punteggiano il Kaminari-dori, la via del Tuono, che conduce turisti e fedeli verso i templi buddisti.

I commercianti vendono di tutto, dal matcha (il té d'orzo) al gelato e agli spiedini di carne e di palline di riso dolci (i mitarashi dongo); abiti tradizionali e persino le maschere, non (solo) dal teatro Noh ma quelle “profane” che comunemente utilizzeremmo a carnevale. Quella dei negozi attorno ad Asakusa non è una bestemmia empia, anzi. È una tradizione la presenza di mercanti nei pressi dei templi giapponesi. Tutto intorno è un giardino di ristoranti che, tutti, propongono agli avventori di tornare indietro nel tempo con la cucina dei bei tempi andati: tempura, udon, zuppe, grigliate di pesce, sushi. Ce n’è per tutti.

Il Senso-ji è il complesso che accoglie una delle più importanti reliquie della spiritualità giapponese. Tutto qui è nato (anche) grazie al fiume. Si racconta che due fratelli, due pescatori, trassero dalle acque del Sumida Gawa una piccola statuetta. Non era un manufatto comune, un banale idoletto. No. Era l’effigie della dea Kannon, la dea della concordia che, così, espresse la sua simpatia e strinse un patto con gli uomini che abitavano quella che un giorno sarà Tokyo.

Al Senso-ji i templi buddisti circondano e difendono le vestigia shinto. Non c'è scontro ma armonia tra le due anime spirituali nipponiche. La devozione appare all’improvviso, inaspettata. Chi si aspetterebbe mai di trovare, in piena Tokyo, una signora elegante che si adopera a spolverare la statua del Buddha, sperando che questi accolga le sue più intime preghiere oppure un gruppo di fedeli che quasi s’accapiglia per il diritto di lasciarsi investire dal “fumo degli dei” sprigionato dall’incensiere che sorge davanti al tempio principale?

Ma chi pensa di trovare qui il caos si sbaglia di grosso.

Tra i templi e le pagode di Asakusa ci sono alberi e sentieri, ponticelli e canali d’acqua in cui nuotano le elegantissime e immancabili carpe bianche e rosse. E che, protette dal Tuono, guardano con indifferenza quelle ragazze e quei ragazzi che sperano di estorcere alla storia, magari con un selfie e una yukata presa a nolo, un attimo di antichità.

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