Attivista Usa uccisa dalla ruspa, niente risarcimento da Israele

L'americana Rachel Corrie fu investita da un bulldozer nel 2003, mentre tentava di difendere la casa di una famiglia palestinese. La Corte suprema d'Israele: "Era zona di guerra"

Attivista Usa uccisa dalla ruspa, niente risarcimento da Israele

Rachel Corrie faceva da scudo umano, protestando contro i bulldozer israeliani che spianavano case e territori palestinesi, nella Striscia di Gaza. Morì, a soli 23 anni, schiacciata da una ruspa nel 2003. A distanza di dodici anni la Corte suprema di Israele ha deciso che la famiglia di quella ragazza non ha diritto ad alcun risarcimento, perché il valico di Rafah, nel sud della Striscia, era "zona di guerra" e l’esercito israeliano non può essere giudicato responsabile della morte dell’attivista Su tutte le furie i familiari della ragazza, che in attesa di leggere le motivazioni della sentenza lamentano che con questa decisione si assicura "l’immunità all’esercito israeliano quando commette ingiustizie e violazioni dei diritti umani".

La Corte Suprema ha respinto l’appello contro la sentenza del tribunale distrettuale di Haifa, che nel 2012 non aveva ammesso il risarcimento per la famiglia dell’attivista. I giudici hanno confermato la sentenza dei magistrati ordinari, i quali avevano stabilito che il luogo dell’incidente in cui morì Corrie era zona di combattimento. "Lo Stato non è responsabile per i danni di un atto commesso dalle forze armate isrealiane durante la guerra", si legge nel pronunciamento dell’Alta Corte.

Rachel perse la vita mentre, con un gruppo di manifestanti palestinesi del Movimento di solidarietà internazionale, cercava di impedire che l'esercito con la stella di David demolisse la casa di una famiglia palestinese. L’inchiesta sull’incidente era stata archiviata nel 2003, un mese dopo la morte della giovane, ed era stato stabilito che l’autista del bulldozer non avesse visto la giovane.

"Chiediamo alla comunità internazionale, non solo al governo degli Stati Uniti,

di stare al fianco delle vittime delle violazioni dei diritti umani e contro l’impunità e di difendere i principi fondamentali del diritto internazionale", ha affermato in un comunicato la famiglia della ragazza.

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