In carcere gli scafisti che hanno ucciso Aylan

Una corte turca ha condannato a quattro anni di carcere i due scafisti siriani responsabili dell'annegamento del piccolo Aylan e di altre quattro persone

In carcere gli scafisti che hanno ucciso Aylan

Avrebbero finalmente un volto e un nome gli assassini di Aylan Kurdi, il bimbo siriano ritrovato morto sulle spiagge della Turchia la cui foto ha sensibilizzato l'Europa sul dramma della scomparsa in mare di migliaia di migranti ogni anno.

Per la morte sua e di quattro altre persone sono stati condannati oggi due scafisti siriani a quattro anni e due mesi di reclusione. Un tribunale turco ha infatti sentenziato che Muwafaka Alabash e Asem Alfrhad sarebbero i responsabili dell'affondamento del gommone su cui viaggiava il piccolo Aylan, salpato dalle spiagge vicino a Bodrum in direzione della vicina isola greca di Kos.

L'accusa per cui sono stati condannati è quella di traffico di esseri umani, ma i due sono stati assolti dall'imputazione di aver provocato la morte dei loro "passeggeri" per deliberata negligenza.

Con Aylan hanno trovato la morte anche il fratellino Galip, di cinque anni, e la madre Rehan. Il processo ai responsabili del loro annegamento si è concluso con tempi insolitamente rapidi per la giustizia turca: molto probabilmente l'alto valore simbolico del procedimento ha spinto i magistrati anatolici ad affrettare i ritmi di lavoro anche per dare l'impressione che l'intera macchina statale della Turchia si stia impegnando attivamente nella lotta al traffico di esseri umani.

Tuttavia, nonostante i tre miliardi

stanziati dalla Ue per aiutare Ankara a bloccare il flusso delle partenze clandestine, l'ondata dei migranti pare inarrestabile. Ogni notte bimbi come Aylan, sconosciuti, continuano a morire dinnanzi alle porte dell'Europa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica