Che fine ha fatto Hayat Boumeddiene, la 26enne compagna di Amedy Coulibaly, autore della strage di venerdì nel negozio ebraico di Parigi? La polizia la cerca e fa sapere che è pericolosa e armata. "Non figura tra le persone decedute o ferite" nel negozio kosher di Parigi in cui Coulibaly ha ucciso quattro ostaggi prima di essere a sua volta freddato nel blitz delle teste di cuoio. Alcune fonti giornalistiche venerdi avevano scritto che la donna sarebbe riuscita a fuggire confondendosi tra gli ostaggi usciti dal negozio dopo il blitz. Ma non era vero. Lei non c'era in quel negozio e probabilmente non era al fianco di Coulibaly nemmeno quando l'uomo ha ucciso la poliziotta. Secondo alcune fonti di polizia da alcuni giorni la Boumeddiene si trovava lontana dalla Francia: il 2 gennaio sarebbe partita per Istanbul via Madrid, raggiungendo poi Sanliurfa, non troppo lontano da Kobane (circa 50 km), in Siria. Pare confermato che la donna non si sia mai imbarcata sul volo di ritorno, Istanbul-Madrid-Parigi, di cui aveva il biglietto.
Come racconta Le Nouvel Observateur la ragazza indossava il velo integrale dal maggio 2009. Alcune foto mostrano la Boumeddiene in posa con il suo compagno: lei, tutta in nero, con una piccola fessura che le lascia liberi gli occhi permettendole di vedere il mondo che la circonda. Questa svolta integralista (lei che un tempo vestiva all'occidentale e non si vergognava di andare al mare in bikini) l'aveva portata a lasciare il suo lavoro di cassiera. Qualche mese dopo si era sposata religiosamente con Coulibaly. I due vivevano a Bagneux, comune di 39mila abitanti, a sud di Parigi, situato nel dipartimento dell'Hauts-de-Seine nella regione dell'Île-de-France
Nel 2010 la coppia si era spostata per due volte nel piccolo paese di Murat (duemila abitanti), nel dipartimento del Cantal nella regione dell'Alvernia. Lì viveva, sotto stretta sorveglianza, Djamel Beghal, figura chiave dell'estremismo radicale islamico, condannato per terrorismo e proselitismo e conosciuto, nel mondo islamista, con il nome di Abou Hamza. Questo incontro aveva cambiato la vita di Coulibaly e Boumeddiene. Era stato lui, infatti, a condurli per mano nell'estremismo, inculcando nelle loro teste i fondamenti del jihadismo. Alcuni scatti, trovati sul web, mostrano la coppia nei boschi di Cantal, intenti a esercitarsi con la balestra.
Ai poliziotti che la interrogarono, dopo che il suo compagno era stato arrestato nell'ambito di un'inchiesta per la tentata evasione di un terrorista (Smain Ait Ali Blekacem) la ragazza raccontò alcuni particolari molto interessanti. "So che Amedy ha incontrato Beghal in prigione. Dopo questi nostri viaggi (a Murat) mi resi conto che Beghal aveva diversi libri sulla religione e questo mi aveva spinto a porgli alcune domande". Interrogata un'altra volta dall'antiterrorismo, la ragazza raccontò di non aver messo da parte le proprie convinzioni islamiste. E rivelò il suo progetto: trasferirsi all'estero, in un paese arabo, per perfezionare la conoscenza della lingua. Ai poliziotti aveva anche detto che non condannava gli attentati di al Qaeda. Insisteva sempre sul ricordo degli innocenti uccisi dagli americani e metteva continuamente in discussione le informazioni fornite dai giornali occidentali. Cercava un'altra verità, quella che faceva e fa comodo ai terroristi per giustificare le loro azioni.
Dall'analisi dei tabulati telefonici si è appreso che la 26enne nel 2014 aveva fatto ben 500 telefonate con la compagna di Said
Kouachi, uno dei due fratelli autori della strage al Charlie Hebdo. Le due donne si sentivano più di una volta al giorno. Un fiume di parole con cui forse hanno autoalimentato il folle disegno di morte dei loro uomini.
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