Crisi politica in Irlanda del Nord, stipendio tagliato ai parlamentari

Il Regno Unito ha annunciato un provvedimento che taglierà lo stipendio ai parlamentari dell'Irlanda del Nord, in modo da incentivarli a trovare una soluzione alla crisi politica che sta attraversando la regione, da oltre un anno e mezzo senza un governo

Il parlamento nordirlandese a Belfast
Il parlamento nordirlandese a Belfast

Continua la crisi politica in Irlanda del Nord, dove da ormai oltre un anno e mezzo i partiti usciti vincitori dalle ultime elezioni non hanno ancora trovato un accordo per formare il nuovo governo. Questa volta però, un estremo tentativo di superare l'impasse istituzionale arriva direttamente dal Regno Unito, che tramite il proprio segretario di Stato a Belfast, Karen Bradley, ha annunciato quest'oggi l'intenzione di intervenire ufficialmente, sia promuovendo ulteriori colloqui bilaterali da tenere nelle prossime settimane - dopo i tentativi infruttuosi del suo predecessore James Brokenshire - sia imponendo drastici tagli agli stipendi dei parlamentari nordirlandesi. Una misura quest'ultima che, andando a colpire i politici sul lato economico, mira ad incentivarli nel trovare un accordo di governo nel più breve tempo possibile. Secondo quanto riportato da Reuters inoltre, l'intervento britannico costituirebbe il preludio per un futuro controllo diretto della regione da parte delle autorità di Londra nel caso fallissero nuovamente i negoziati per la formazione del nuovo esecutivo. Un'operazione finora esclusa per paura di scatenare la reazione dei partiti nazionalisti irlandesi nonché della stessa Repubblica d'Irlanda.

L'attuale sistema governativo dell'Irlanda del Nord ha infatti origine dal cosiddetto Accordo del Venerdì Santo del 1998, che oltre a porre fine a trent'anni di sanguinosi scontri tra unionisti e repubblicani - da sempre in lotta per decidere se la regione debba rimanere a far parte del Regno Unito o ritornare entro i confini dell'Eire - siglò il definitivo cessate il fuoco da parte dell'organizzazione paramilitare dell'Ira. In seguito al trattato di pace si dispose inoltre l'assoluta parità di poteri tra Primo Ministro e vice Primo Ministro, comportando di fatto la costituzione di una diarchia nella quale la guida dell'esecutivo era equamente suddivisa tra i partiti repubblicani e quelli unionisti, nonostante questi ultimi siano sempre stati storicamente maggioritari nell'Ulster.

Una consuetudine che ha però subito una battuta d'arresto alle ultime elezioni del 2 marzo 2017, quando per la prima volta dalla spartizione dell'Irlanda nel 1921 i partiti unionisti non hanno ottenuto la maggioranza dei seggi in parlamento, andando così a complicare ancora di più la crisi che era scaturita nel gennaio precedente con l'uscita dalla coalizione governativa dei repubblicani del Sinn Fein, il principale promotore dell'unità irlandese. Secondo gli esponenti del partito, la loro rinuncia a far parte dell'esecutivo era diretta conseguenza dell'atteggiamento tenuto dai filo britannici del Partito Unionista Democratico - già stampella del governo di Theresa May dal giugno 2017 - che non li avrebbero tenuti in considerazione come partner paritari.

Da allora, nonostante i numerosi tentativi susseguitisi di trovare un accordo tra le parti, sono passati quasi seicento giorni senza che l'Irlanda del Nord potesse disporre di un governo, frantumando così il precedente record detenuto dal Belgio, che rimase privo di potere esecutivo per 541 giorni consecutivi all'indomani delle elezioni del 2010. Da qui la decisione imposta dal segretario di Stato Bradley di tagliare gli stipendi dei parlamentari, i quali passerebbero già a novembre da 49.500 sterline annuali a 42.500, con un ulteriore taglio di altre 6.000 sterline se non si dovesse giungere ad un'intesa governativa entro febbraio. La stessa Bradley, commentando le dirette conseguenze che questo stallo politico ha sull'economia della regione, ha dichiarato: "Mentre questa impasse continua, i servizi pubblici stanno soffrendo, l'economia sta soffrendo, il popolo dell'Irlanda del Nord sta soffrendo. Il processo decisionale per la formazione del nuovo governo va affrontato immediatamente".

Atteggiamento precedentemente condiviso anche dal Primo Ministro irlandese Leo Varadkar, che nel luglio scorso ha affermato di voler tentare una mediazione tra i partiti nordirlandesi in un colloquio formale da svolgersi entro l'autunno.

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