L'Egitto continua a fare i conti con il proprio recente passato. Venti anni di carcere sono stati inflitti all’ex presidente egiziano Mohamed Morsi, ritenuto responsabile per l’uccisione di alcuni manifestanti il 5 dicembre del 2012 nei pressi del palazzo presidenziale del Cairo (tecnicamente il reato è incitamento all’uccisione). Rischiava la pena di morte. Si tratta della prima sentenza emessa nei confronti di Morsi da quando è stato destituito e messo agli arresti a luglio 2013. L’ex presidente - il primo eletto dopo la rivoluzione del 2011 che ha portato alla caduta di Hosni Mubarak - è sotto processo anche per cospirazione contro lo Stato, spionaggio e per fuga dal carcere. Anche per queste accuse potrebbe subire una condanna a morte. I suoi legali hanno già fatto sapere che impugneranno la sentenza emessa oggi del tribunale penale del Cairo. Oltre a Morsi sono stati condannati anche altri undici esponenti dei Fratelli musulmani.Tra loro Mohamed El-Beltagy, segretario generale del partito ora bandito.
Il processo all'ex presidente Morsi è stato "una parodia di giustizia, scritta e controllata dal governo e totalmente non sostenuta da prove", ha detto Amr Darrag, esponente di spicco dei Fratelli musulmani. Ministro sotto la presidenza di Morsi, oggi Darrag vive a Istanbul.
Pro Morsi: sentenza politicizzata
Il portavoce del Fronte egiziano della coscienza, movimento vicino ai Fratelli musulmani, Amro Abdelhadi, commenta il verdetto contro Morsi in questo modo: si tratta di una "sentenza politicizzata".
Una sentenza "completamente nulla" per l’Alleanza nazionale a sostegno della legittimità, coalizione a sostegno dell'ex presidente. L’Alleanza fa sapere di considerare "completamente nulli gli ordini odierni dei militari, sottoforma di sentenze contro il presidente legittimo Morsi e il suo staff".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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