Ormai sono davvero poche le speranze di trovare ancora in vita i membri dell'equipaggio del San Juan, il sottomarino argentino scomparso nelle acque dell'Atlantico del Sud in Argentina. Di fatto le praole di Enrique Balbi, portavoce della Marina Militare, lasciano poco spazio ad altri scenari: a bordo del sottomarino ci sarebbe stata un'esplosione. E così adesso, mentre le ricerche proseguono, si fanno strada le ipotesi su come siano morti i militari imbarcati sul San Juan. A ricostruire la dinamica di quanto accaduto ci prova Luca Revelli, chirurgo e direttore del Master di Medicina del mare dell’Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli di Roma. In un'intervista all'Adnkronos di fatto spiega come possa essere arrivata la morte per i 44 membri dell'equipaggio: "A 21 atmosfere di profondità, avrebbero avuto un impatto con l'acqua pari al peso di un tir precipitato in testa. Un scontro tanto violento che non gli avrebbe dato il tempo di rendersi conto di cosa accadeva", spiega Ravelli. Tra le altre i potesi che erano state avanzate in questi giorni era quella di problema elettrico che avrebbe bloccato il sottomarino impedendogli qualunque tipo di comunicazione con la base navale. Anche con questo scenario, che in questo momento appare più remoto, la morte sarebbe arrivata rapidamente. "La minaccia maggiore arriva dall'ipotermia - osserva Revelli - che può essere acuta o cronica. Se ci fosse stato un allagamento e i marinai fossero venuti a contatto con l'acqua gelida è chiaro che non avrebbero potuto resistere che poche ore. Plausibile anche la morte per annegamento o asfissia per l'esaurimento delle riserve di ossigeno".
Infine va ricordato che la sorte del San Juan e anche le tardive comunicazioni da parte della marina argentina ha scatenato molte polemiche nel Paese sudamericano. Adesso il governo, pressato anche dalle proteste dei familiari delle probabili vittimi, starebbe pensando alla sostituzione dei vertici della Marina militare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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