Kazakistan, inizia a emergere la verità sulle rivolte di gennaio

Nella giornata del 14 marzo, a due mesi di distanza dalla grande rivolta di gennaio che ha scosso il Kazakistan, uomini di giustizia e politici si sono riuniti nel Parlamento per discutere le ultime novità emerse durante le indagini.

Kazakistan, inizia a emergere la verità sulle rivolte di gennaio

Nella giornata del 14 marzo, a due mesi di distanza dalla grande rivolta di gennaio che ha scosso il Kazakistan, uomini di giustizia e politici si sono riuniti nel Parlamento per discutere le ultime novità emerse durante le indagini.

I numeri della rivolta

La sessione plenaria sulla rivolta di gennaio, alla quale in Kazakistan si fa riferimento come il "tragico evento", ha avuto luogo nella Camera bassa del Parlamento e ha visto la partecipazione di uomini di giustizia, come il Procuratore generale, politici, come il Ministro degli affari interni, e rappresentanti di organizzazioni civili.

La sessione è stata organizzata con un obiettivo: mettere in luce le cifre e parlare delle ultime novità relative all'indagine sui tragici eventi di gennaio, che hanno paralizzato la nazione per poco più di una settimana e introdotto bruscamente il quieto Kazakistan al centro della competizione tra grandi potenze. I numeri della breve ma intensa crisi, riportati durante la sessione, sono i seguenti:

  • Più di 4mila feriti;
  • 230 morti, 19 dei quali appartenenti alle forze dell'ordine;
  • 3.770 indagini preliminari in corso, la maggior parte delle quali per reati di terrorismo, sedizione, rapine, violenza contro le forze dell'ordine;
  • 766 le persone ancora mantenute in stato di custodia cautelare, 19 delle quali di origine straniera;
  • Oltre 2.800 armi da fuoco rubate dai riottosi durante la settimana di sedizione; 2.000 delle quali mai recuperate;
  • 1.630 esercizi commerciali di piccola e media taglia vandalizzati durante gli scontri;
  • Più di 1.500 edifici governativi e amministrativi assaltati;
  • Più di 800 telecamere di sorveglianza degli spazi pubblici danneggiate;

Nessuno spazio per gli abusi

La presidenza kazaka lo aveva annunciato nel dopo-scontri che il pugno duro contro i riottosi non sarebbe equivalso a chiudere un occhio su possibili abusi e torture che avrebbero potuto avere luogo nelle celle dei commissariati e delle carceri. Il Kazakistan non avrebbe lasciato che la vendetta prendesse il posto della giustizia, come paventato da Human Rights Watch.

Durante la sessione plenaria, coerentemente con il duplice obiettivo giustizia-trasparenza stabilito dalla presidenza Tokayev, si è discusso anche di torture e abusi. La Procura generale non ha lasciato che le accuse di maltrattamenti cadessero nel vuoto: al vaglio della giustizia ci sono 243 casi di possibile violenza ai danni dei detenuti, e 9 persone, 8 dipendenti dal Comitato di Sicurezza nazionale e un poliziotto, sono state già poste in stato di arresto nell'ambito delle indagini.

Cos'è successo realmente?

Berik Asylov, il procuratore generale, è certo che gli eventi di gennaio abbiano avuto una mente, una direzione, e ha spiegato ai partecipanti alla sessione che la verità emergerà a breve: "conosceremo la risposta entro la fine dell'indagine".

Il corso degli eventi suggerisce che Asylov possa avere ragione: dall'eloquente entrata in scena degli oligarchi in autoesilio in Occidente alla simbolica decisione della Russia di intervenire a mezzo dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. Il Kazakistan, in sintesi, a inizio anno potrebbe essere rimasto vittima della competizione tra grandi potenze, del nuovo stadio di questo confronto egemonico globale: quello delle periferie al centro.

Alla presidenza Tokayev l'onere, avendo

consapevolezza della posta in palio e del macro-contesto all'interno del quale si inseriscono i tragici eventi di gennaio, di ridurre i margini di manovra agli attori esterni interessati alla destabilizzazione del Kazakistan.

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