Ci sono volute tre udienze e quasi otto mesi per tirare fuori dal carcere il presidente della sezione turca di Amnesty, l'avvocato Taner Kılıç, per cui oggi un tribunale di Istanbul ha decretato la scarcerazione in libertà condizionale, pendente un processo in cui è accusato di terrorismo e rischia di passare fino a sette anni e mezzo in prigione.
Kılıç, che in passato ha lavorato a numerosi casi di spicco legati ai diritti umani, ma che di recente si era anche speso per il rilascio del giornalista italiano Gabriele del Grande, trattenuto per quattordici giorni dopo il fermo nella provincia sudorientale di Hatay, era l'unico ancora in carcere di un gruppo di attivisti. Tutti, tranne lui, erano stati arrestati all'indomani di un workshop a Buyukada, normalmente un'amena isola nell'arcipelago delle Principi, di fronte alla costa asiatica di Istanbul.
"Non chiesero nè di vedersi in privato, nè in segreto", ha detto durante l'udienza il manager dell'hotel, sentito come testimone, aggiungendo poi che l'incontro sui diritti umani avvenne "in una stanza normalmente assegnata anche ad altre persone", laddove l'accusa di cui devono rispondere gli attivisti è quella di avere favorito delle organizzazioni terroristiche con il loro operato.
Diversa la storia dell'arresto di Kılıç, avvenuto un mese prima sulla scorta della pesante accusa di far parte di quello che in Turchia è conosciuto come Feto, l'organizzazione dell'imam Fethullah Gulen, che è ritenuto il responsabile per il fallito colpo di Stato del luglio 2016. Contro di lui è stata montata un'accusa più volte smentita, che ha il suo fulcro nell'utilizzo di un'applicazione che lui e due diverse perizie hanno dimostrato non essere mai stata scaricata sul suo telefono cellulare.
Per la difesa è tutto "politico" il processo intentato, incentrato sull'uso di Bylock, un'applicazione di messaggistica che è considerata sinonimo di legami con la rete gulenista. Un modo per "zittire il dissenso" in un momento in cui si susseguono senza sosta gli arresti, compresi quelli di decine di persone che si sono espresse contro l'operazione Ramo d'ulivo, con la quale la Turchia è tornata in armi in Siria, per spezzare l'egemonia delle milizie curde vicine al Pkk nel cantone nord-occidentale di Afrin.
Otto persone legate ad Amnesty dei "10 di Istanbul", come il processo agli attivisti è conosciuto sui media, sono state rilasciate su cauzione a fine ottobre e rischiano fino a 15 anni. Tra loro anche Idil Eser, l'altra responsabile della sezione turca di Amnesty. Altri due attivisti erano stati rilasciati a luglio, ancora con la condizionale. Il processo a Kılıç è stato aggiornato al 21 giugno.
"Che Taner potrà tornare presto con
sua moglie e le sue figlie è un enorme sollievo - ha messo in chiaro Gauri van Gulik, direttore di Amnesty per l'Europa - ma non possiamo scordarci dei molti altri innocenti dietro le sbarre senza uno straccio di prova".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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