Se il palcoscenico della jihad sono i territori della Siria e dell'Iraq, il retrobottega dove vengono predisposte le menti, arruolati gli uomini e propagandata la morte in nome del grande Califfato, sono numerosi Paesi europei. E l'ultimo caso di una cellula jihadista che propagandava la guerra santa e reclutava combattenti è avvenuto in Macedonia. Nove persone sono state arrestate a inizio settimana in diverse città del piccolo stato balcanico e a darne la notizia è stato il ministro degli interni Mitko Cavkov che, parlando ai giornalisti ha spiegato come la cellula fosse verticistica e avesse come leader l'imam della capitale Rexhep Memishi, «l'uomo incoraggiava i cittadini a partire e arruolarsi in eserciti stranieri. Noi crediamo che ci siano altre 27 persone vicine a questo gruppo e l'obiettivo nostro è identificare chi recluta, chi è partito e chi è anche tornato dai territori del medio oriente». Le parole del Ministro hanno portato l'attenzione su quello che è un tema scottante oggi in Macedonia ovvero il numero consistente di foreign fighters entrati a far parte delle fila del Is. Stando ai dati forniti dalle autorità macedoni ci sarebbero 130 combattenti macedoni uniti al Daesh e di questi 16 avrebbero perso la vita sul fronte siriano. Inoltre in alcune moschee della capitale la polizia, durante il blitz, ha rinvenuto bandiere del Califfato.
La situazione nel Paese balcanico è quindi sempre più critica, dal momento che non si placano le tensioni tra la comunità albanese e quella macedone e sul fuoco dello scontro etnico ora sembra propagarsi pure il combustibile dell'islamismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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