Per oltre cinquant’anni la scomparsa del sottomarino nucleare statunitense Uss Scorpion, inabissatosi nel pieno della Guerra Fredda, è stata in larga parte protetta dal segreto militare per ragioni di sicurezza nazionale. Ma a tutt'oggi nessuno sa cosa è accaduto veramente quel 22 maggio del 1968.
Appartenente alla Marina degli Stati Uniti, il sottomarino codificato come SSN-589 si inabissò improvvisamente senza lasciare traccia mentre era di ritorno alla base navale di Norfolk: proprio al termine del suo secondo dispiegamento in missione lungo le coste del Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico con la Sesta Flotta. Lo Scorpion, questo il suo nome, non era però solo il sesto nato di quella che allora poteva essere considerata la più veloce, furtiva e sofisticata classe di sottomarini d’attacco a propulsione statunitense su cui la Us Navy avrebbe basato il futuro della sua deterrenza "sommersa": esso era anche un sottomarino spia; coinvolto in alcune delle più segrete operazioni di spionaggio che il Pentagono svolgeva in quegli anni di pace solo apparente con l’Urss e il Blocco orientale.
Varato nel 1959, lo Scorpion apparteneva alla classe Skipjack ed era destinato a svolgere lunghe missioni di pattugliamento nelle vastità oceaniche dove - all’insaputa del mondo - gli Stati Uniti e l’Unione sovietica si misuravano in una guerra di nervi silenziosa e continua; nella quale i sottomarini strategici e quelli d’attacco giocavano un ruolo fondamentale, e di volta in volta si trovavano coinvolti nel ruolo di cacciatore o in quello di "preda". Il compito di un sottomarino come lo Scorpion era quello di localizzare, seguire e se necessario “eliminare”, i sottomarini missilistici in procinto di lanciare un attacco nucleare ai danni degli Stati Uniti o di un paese dell’Alleanza Atlantica. Questo ruolo di cacciatore, però, presto era stato ampliato con compiti di spionaggio che lo videro impegnato nell'acquisire fotografie e intercettazioni di comunicazioni scambiate da naviglio sovietico, fino a spingersi, temerariamente, sotto le coste russe per filmare il test del lancio di un missile balistico. I battelli sommergibili come lo "scorpione" inoltre, ospitavano e trasportavano agenti della Cia e membri delle forze speciali,“pacchi” delicati per missioni che richiedevano un livello di segretezza estremamente elevato.
L'ultima missione "pericolosa"
In quegli anni di grande tensione, la necessità della Marina di un lungo e continuato schieramento delle unità sottomarine finirono col costringere in mare lo Scorpion non permettendogli la manutenzione adeguata. Cose che provocò, tra le altre, un deterioramento sensibilmente dello scafo e la strumentazione, manifestando diversi problemi a partire dal ’67, e fino a farlo ribattezzare dal suo equipaggio “Scrapiron" (rottame, ferraglia, ndt). Secondo alcune indiscrezioni dell'equipaggio infatti, in quell’anno la profondità operativa raggiungibile del sottomarino si era ridotta a quasi un terzo della sua operatività “effettiva”; ma questo non aveva frenato la Marina e in particolare il Comsublant (Comando sottomarino, nrd) nel mandarlo ancora una volta in missione nell'Atlantico per contrastare la crescente attività navale ordinata da Mosca. Nemmeno quando nel maggio del '68 decisero di affidare allo Scorpion compito estremamente rischioso: fare da esca per i sottomarini d'attacco sovietici e "distrarli" dall'incrociare nelle medesime acquee di un sottomarino lanciamissili balistici dell'Us Navy, l'Uss Calhoun; o quando, la settimana successiva, gli venne dato l'ordine di tallonare due sottomarini sovietici rilevati al largo della Canarie. Terminata quella ennesima, ultima, pericolosa missione, lo Scorpion potè fare rotta verso casa, e il 21 maggio comunicò via radio che era in prossimità delle isole Azzorre, in rotta verso le patrie coste. Arrivo previsto alla base navale di Norfolk le 13:00 del 27 maggio.
La scomparsa dello Scorpion
Il giorno seguente, il 22 maggio, l'assenza del messaggio criptato giornaliero che assicurava per ogni unità impiegata in missioni top-secret lo status di “situazione normale, procedo come previsto", e l'inizio di un lungo silenzio radio, fecero notare a più di qualcuno nella catena di comando delle operazioni per l'Atlantico che qualcosa non era affatto andato come previsto. Tra questi c'era anche il radio operatore di seconda classe Mike Hannon, che non ricevuto il messaggio in cifra dallo Scorpion, fu costretto a richiamare l'attenzione dei suoi diretti superiori, provocando una seria preoccupazione. Lo stesso stato di "preoccupazione", nel frattempo, si era abbattuto anche al Pentagono. La perdita di contatto con lo Scorpion significava un altro sottomarino nucleare americano era scomparso nell'Atlantico; e questa volta non si trattava un casa "sostenibile" come quello dell'Uss Thresher, affondato sotto le coste degli Stati Uniti, ma di un vascello scomparso nel bel mezzo dell'oceano battuto dai sottomarini sovietici che impegnavano costantemente la marina americana e quella britannica. Il 5 giugno la Us Navy dichiaro ufficialmente perduto il sottomarino Uss Scorpion e deceduti i 99 membri dell’equipaggio. I motivi erano da ritenersi sconosciuti e doveva essere aperta al più presto un'inchiesta oltre a una missione di ricerca che localizzasse il relitto che custodiva al sue interno due siluri nuclerari, il sistema di propulsione nucleare, parte della tecnologia più sofisticata che l'Occidente poteva schierare contro l'avversario, e tutti i cifrari per le comunicazioni classificate.
L'inchiesta e le ricerche del relitto
Fu allora che il dottor John Craven, esperto ingegnere navale e principale scienziato civile alle dipendenze dal Pentagono per la divisione progetti speciali che riguardavano la Marina (compresi i missili balistici nucleari Slbm Polaris) , venne incaricato di condurre un’inchiesta tecnica sulla sparizione del sottomarino e sull'individuazione della sua posizione. Per portare a termini il suo compito, Craven incrociò i dati della velocità e della rotta dello Scorpion, confrontandoli con le anomalie acustiche rilevate dal Sous (un sistema di rilevazioni segreto) nell'area interessata. Un grande “botto” seguito 90 secondi dopo da altre anomalie acustiche sottomarini che potevano essere soltanto “i suoni fatali dei compartimenti di un sottomarino che esplodevano sotto un’immensa pressione” vennero immeditamente identificati come coincidenti con la rotta dello Scorpion. Le simulazioni, in un secondo momento, illustrarono che tutto avvenne in 3 minuti e 12 secondi, un tempo sufficiente a portare un sottomarino nucleare sul fondo dell’Oceano con le 99 anime che erano a bordo; parte delle quali dovettero assistere inermi alle paratie d’acciaio che si accartocciavano sotto la pressione atmosferica come una lattina stretta in una mano, prima di implodere raggiunta la profondità di collasso. Ma cosa aveva portato alla perdita del controllo e a quella discesa implacabile verso l’oblio?
Forse un malfunzionamento aveva spinto il sottomarino fino alla profondità di collasso, e quelle tracce acustiche erano le i segni inconfondibili di un'implosione. O forse qualcos'altro. Ma perché lo Scorpion invece di procedere sulla sua rotta a ovest si era improvvisamente diretto a est con una virata di 180°? La versione più avvalorata fu quella di una virata per il disinnesco di “siluro caldo”, seguita poi da quella di un malfunzionamento di una delle batteria argento-zinco dei siluri Mark 37 che avrebbe causato l’esplosione di uno o più siluri del compartimento di prua che li alloggiava. Il relitto infatti - secondo riscontri oggettivi - sarebbe affondato con il compartimento siluri allagato. Elemento significativo che giustificò l’essere rimasto parzialmente intatto a differenza degli altri compartimenti lettaralmente disintegrati da migliaia di chili di pressione. Questo venne verificano anche dalle foto più indicative che vennero scattate nel 1985, quando un’equipe di ricercatori lanciò una missione per trovare il relitto del noto transatlantico Rms Titanic, imbattendosi prima,"casualemente", nel relitto di un sottomarino nucleare: proprio lo Scorpion. La verità, resa nota solo a posteriori, era che la Woods Hole Oceanographic Institution doveva cercare il relitto dello Scorpion per conto della Marina che avrebbe poi finanziato una missione per cercare il famoso transataltico affondato nel 1912. Ma furono proprio le foto ad alta risoluzione scattate dai piccoli batiscafi spintisi fino a 3.000 metri di profondità a portare alla luce particolare “inquietanti” che rimisero in discussione tutte le conclusioni dell’inchiesta condotta dalla Marina. La sezioni anteriore che alloggiava i siluri aveva i tubi di lancio "aperti", come se fosse in procinto di lanciare un siluro. Ma si trattava di un siluro difettoso del quale dove liberarsi per non affondare - come voleva sostenere l'inchiesta del dottor Craven - oppure di un siluro destinato a colpire un obiettivo ostile? E se ere stata colpita da un'esplosione interna, perché non presentava altri danni più evidenti?
Il mistero dei sottomarini sovietici
Lo scrittore Ed Offley, autore del libro "Scorpion Down", condusse negli anni che portarono alla declassificazione di una serie di documenti nell'archivio della Difesa, aprì una nuova lunga discussione - mai realmente smentita - riguardo l'eventuale coinvolgimento di sottomarini sovietici nella scomparsa dello Scorpion. Secondo una serie di interviste condotte sul personale dell'Us Navy in servizio in quegli anni - protagonista nella vicenda dello Scorpion e delle inchieste - gli idrofoni Sous attivi nell'Atlantico che portarono il dottor Craven a localizzare la posizione esatta del relitto "registrarono l'esplosione", come affermò il radio operatore di seconda classe Mike Hannon, ma rivelarono anche un altro particolare non trascurabile: "un sottomarino sovietico che era stato rintracciato mentre lasciava l'area ad alta velocità". Questo non face che suffragare la terza tesi più avvalorata - ma mai dimostrata - sulla misteriosa scomparsa dello Scorpion: ossia che rimase coinvolto in uno duello sotto i mari con un sottomarino d'attacco sovietico che voleva vendicare la perdita del K-129 (nonostante rimanga una teoria fantasiosa), o che sia rimasto vittima di una collisione come venne infatti contemplato anche per la perdita del sopracitato sottomarino lanciamissili sovietico; scomparso appena un mese prima dello Scorpion nell'Oceano Pacifico. Le ricerche del K-129 e l'ardita operazione di spionaggio e recupero lanciata dalla Cia per cercare di impossessarsi dei segreti dei sottomarini sovietici, coinvolsero tra l'altro lo stesso dottor Craven.
Secondo alcune teorie, Mosca e Washington avrebbero stretto un tacito accordo per tenere segreti i particolari di questi due incidenti dall'epilogo analogo e in qualche modo collegati, scongiurando il rischio di condurre il mondo in guerra - ma qui si abbandona la ricerca storica e, per quanto affascinante, si sconfina nella sfera della fantapolitica.
A più di mezzo secolo da quel tragico incidente, le famiglie dei 99 uomini che persero la vita quel giovedì di maggio del 1968 non hanno ancora ricevuto una vera risposta sulle reali cause che hanno portato alla morte quei marinai che negli angusti spazi di un sommergibile svolgevano le missioni più temerarie che si potessero ordinare in tempo di "pace". Il destino dello Scorpion resta dunque uno dei tanti segreti della Guerra Fredda; e quale migliore luogo delle profondità abissali può esistere, per seppellire un segreto.
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