Msf non demorde: vogliamo la verità sull'ospedale bombardato

Ad un mese dal bombardamento dell'ospedale di Konduz, Msf ha aperto un'inchiesta indipendente Back to Afghanistan

Msf non demorde: vogliamo la verità sull'ospedale bombardato

Kabul. Un attimo prima sei in un trauma center, un ospedale dove curi i feriti di guerra nel nord dell’Afghanistan. Un ospedale neutrale, un posto dove secondo le leggi internazionale quando sei ferito, non sei più un combattente. Un luogo che serve un milione di persone, che ne ha trattate 22 mila solo l’anno scorso, dove non ci sono armi, solo medici, infermieri, e persone che hanno bisogno di cure. Non importa cosa facciamo o dicano.

Poi 60 minuti di inferno. Il rombo di un aereo che arriva, come tanti ne erano passati quel giorno, ma che si ferma sopra e sgancia una bomba, poi se ne va e ritorna, e ne sgancia un’altra. E poi ancora, ancora, ancora, per un’ora intera. Non importa che lo staff dell’ospedale chiami gli americani per dire che devono aver sbagliato obiettivo, non importa che tutti nell’area sappiano che quello è un ospedale di Medici Senza Frontiere. Un’organizzazione che ha vinto il premio Nobel per la Pace, che non ha scheletri nell’armadio, che cura senza curarsi della politica e del conflitto se non per quello che li riguarda.

Il bilancio delle vittime dell’attacco che ha distrutto e messo fuori uso un intero ospedale è di 30 morti, 13 dello staff, 10 pazienti confermati, ovvero identificati, 7 pazienti ancora da identificare perché completamente carbonizzati.

E’ trascorso un mese da quel giorno maledetto per Msf, per la medicina in zona di guerra, per quello che gli ospedali significano. Il suono sordo delle bombe ha smesso di vibrare nell’aria, ma resta quello delle domande: Perché un C130 americano ha colpito per distruggere un ospedale? Cosa è andato storto? Cosa pensavano di fare? Cosa credevano che ci fosse? Non era una novità che i talebani venissero curati. La città di Kunduz era stata conquistata ed è rimasta nelle loro mani per pochi giorni. I medici non chiedono da che parte uno sta. Vedono una ferita e la curano. Dentro la guerra si ferma. Fuori restano le armi e le battaglie.

“Eravamo lì con un accordo tra tutte le parti e noi eravamo in pieno controllo dell’ospedale”, ci spiega Michiel Hofman che rappresenta il capo dell’Ufficio di Bruxelles che si sta occupando dell’attacco a Kunduz. Un irlandese appena giunto a Kabul. “La nostra neutralità era garantita, all’interno c’erano solo pazienti, 85 dello staff tra i quali 9 internazionali, e in corso al momento del bombardamento c’erano due operazioni chirurgiche”. Ora tutta la regione non ha più un centro traumatologico, e chissà quanto ci vorrà per rimettere in piedi la struttura:

“Non diciamo che non sarà ricostruito, in ogni caso ci vorrebbero mesi – dice Hofman – anche solo per recuperare tutta l’attrezzatura all’estero, ma il punto è capire perché tutto questo è accaduto. Senza risposte, lì non si torna. Dobbiamo capire quali sono le regole di questa guerra. Sarebbe negligente da parte nostra mandare delle persone e rischiare di essere bombardati di nuovo”.

Medici Senza Frontiere ha ricevuto le scuse del presidente americano Obama e dei militari americani che non hanno ancora rivelato cosa sia veramente accaduto. Le autorità afgane hanno prima detto che c’erano degli uomini che sparavano all’interno, che era stata una richiesta di supporto aereo perché c’erano delle figure talebane, perfino che ci fosse un importante spia pakistana. Sta di fatto che questa storia, come quella di tutti gli ospedali che vengono violati, urla una risposta. Msf ha chiesto un’inchiesta indipendente. Ha diritto di andare a fondo perché il confine tra un’operazione di guerra e il crimine di guerra, è stato ancora una volta superato. Eppure anche il silenzio sembra essere rumoroso: “Abbiamo chiesto a 76 governi di sostenere una indagine indipendente per chiarire e prevenire un’altra tragedia del genere – ha detto Joanne Liu presidente dell’organizzazione – ma il silenzio è imbarazzante. E’ normale che vogliamo capire”. L’attacco di Kunduz è avvenuto un mese fa, mentre le truppe afgane chiedevano sostegno agli americani per riprendersi la città. Avevano le coordinate dell’ospedale che è lì, presente da quattro anni. L’unica struttura con la luce accesa anche di notte era la loro e sul tetto c’era anche il logo. Impossibile commettere un errore, anche se le guerre non sono quasi mai corrette, c’è un limite che solo un’inchiesta indipendente, può dire se è stato superato.

Solo una settimana fa, un altro ospedale di Msf è stato colpito da un missile dell’Arabia Saudita che da marzo combatte contro i ribelli Houthi. L’anno scorso alcuni pazienti vennero colpiti a morte a colpi di pistola nei loro letti in Sud Sudan.

“Noi pensiamo – ci assicura Hofman – che perfino la guerra abbia delle regole, e per la sicurezza di tutti, è importante che alcune di queste regole vengano riaffermate.

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