Qatar 2022, sindacato: “Previsti 4mila morti tra operai”

Era già successo a Città del Messico nel 1968 che lo sport si macchiasse di sangue. Nella Piazza delle Tre Culture centinaia di giovani protestavano contro gli sprechi delle Olimpiadi quando Gustavo Diaz Ordaz, allora presidente, dava ordine all’esercito di fare fuoco sui manifestanti. Il bilancio fu di centinaia di morti. Tra i feriti c’era anche Oriana Fallaci, data per morta, ma poi scoperta viva da un sacerdote in obitorio. Reduce dal Vietnam anche lei eri lì per raccontare le contraddizioni di un evento costato miliardi di dollari in un paese dove più della metà del paese viveva in condizioni di povertà assoluta. Nessuna delegazione di nessuno stato ritirò la partecipazione ai Giochi Olimpici.

Storia simile è quella di Pechino 2008. L’esercito apre il fuoco su una marcia di monaci tibetani uccidendone a decine. La piazza non si ferma e i monaci continuano a scendere per strada e l’esercito ancora una volta risponde con il fuoco. Così per mesi, fino all’inaugurazione dei giochi. Anche allora nessuna delegazione ha mai ritirato la propria partecipazione ai Giochi.

Gli esempi potrebbero continuare, ma non serve rivangare il passato se è il futuro a proporne degli altri. Nel 2022, infatti, il Qatar ospiterà i Mondiali di calcio. Centinaia di migliaia di operai, quasi tutti provenienti dal subcontinente indiano, lavorano 24 ore al giorno alla costruzione degli stadi che ospiteranno le squadre di tutto il mondo. In migliaia purtroppo non arriveranno a vedere la fine dei lavori. International Trade Union Confederation (Confederazione Sindacale Internazionale) stima che saranno almeno 4000 gli operai che perderanno la vita nei cantieri e che già 1200 sarebbero morti.

Le condizioni di lavoro sono infatti, come riportato dal The Guardian, ai limiti della schiavitù: orari di lavoro che superano abbondantemente le 8 ore, con temperature che possono facilmente raggiungere i cinquanta gradi. I migranti lavoratori vivono stipati in baraccopoli dove mancano i servizi di base come acqua e luce ed è inoltre fatto loro divieto appellarsi ad un qualunque sindacato. Ma ciò che desta maggiore stupore è che gli operai non sono in alcun modo liberi del proprio destino, almeno non fino a quando un contratto li lega al proprio “datore di lavoro”. In Qatar firmare un contratto non vuol dire prestare la propria manodopera in cambio di una retribuzione adeguata, ma consegnare se stessi al proprio padrone. Infatti nel paese con il reddito pro capire più alto al mondo resta in vita la legge della kafala, che trova fonte nel diritto islamico. La norma prevede che un operaio una volta assunto debba consegnare il proprio passaporto al datore di lavoro, ciò vuol dire che non riuscirà a lasciare il paese senza previa autorizzazione.

Pochi giorni fa una troupe della Bbc è stata arrestata in Qatar. L’accusa era quella di avere violato una proprietà privata. I giornalisti inglesi si trovavano a Doha, in occasione di una visita dei cantieri organizzata dal Governo, contento di dimostrare al mondo che quello dello schiavismo 2.0 è l’ennesima montatura dell’occidente per delegittimare il mondo arabo. La troupe deve avere incredibilmente fiutato l’inganno e si è recata in città qualche giorno prima del tour per riprendere le reali condizioni in cui vivono gli operai. I giornalisti arrestati sono stati liberati dopo due giorni, ma i video girati all’interno dei cantieri non sono ancora stati restituiti.

La Fifa, al centro di fortissime pressioni, è stata costretta ad aprire un’inchiesta. Micheal Garcia, presidente dell’organo investigativo della Commissione Etica, ha dichiarato che entro il 9 giugno l’ente si esprimerà sul Qatar 2022. Doha intanto minaccia di passare per le vie legali, mentre Inghilterra e Australia dichiarano la propria disponibilità ad ospitare l’evento. Sotto accusa finisce anche Bin Hammam, già presidente della confederazione asiatica per 9 anni, fino al 2011, squalificato dalla Fifa per corruzione. Secondo il Sunday Times l’uomo avrebbe comprato i voti, versando tangenti di circa 200mila euro ai vari presidenti delle federazioni ed una maxi tangente di 1,6 milioni di dollari a Jack Warner, vice della Fifa.

Corruzione e sfruttamento

non dovrebbero fare da cornice ad un evento sportivo come i Mondiali di calcio. Ma purtroppo è uno spettacolo raccapricciante che rischia di ripetersi per l’ennesima volta, basta solo avere i soldi per poterselo permettere.

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