Ora rivendicano i falsi attentati: ecco la tattica "Inghimasi" di Isis

Lo Stato islamico sperava di trasmettere una rinvigorita capacità di proiezione globale dopo la perdita dei territori in Siria

Ora rivendicano i falsi attentati: ecco la tattica "Inghimasi" di Isis

Lo Stato islamico ha annunciato la morte di Abd al-Rahman al-Munastiri, coinvolto nella prima operazione Inghimasi in Tunisia. La grafica scelta è quella della Carovana dei Martiri. Tuttavia si tratta di un falso. Samir Bin Jalal Bin Hamid Bin Yusuf (il vero nome dell'uomo), è stato ucciso il 19 marzo dello scorso anno dalla Guardia Nazionale tunisina, nei pressi del Parco Nazionale di Sidi Toui, a venti km dal confine con la Libia. Annunciando la prima operazione Inghimasi in Tunisia, lo Stato islamico sperava di trasmettere una rinvigorita capacità di proiezione globale dopo la perdita dei territori in Siria. Il risultato, invece, è l'opposto. Questo grossolano tentativo dimostra che lo Stato islamico è alla disperata ricerca di una qualsiasi azione che possa essere ricollegata al suo falso piano globale del terrore.

Nella narrativa strategica gli Inghimasi sono stati consacrati a difensori della carovana, la comunità musulmana. Ai combattenti Inghimasi “sono destinate le più alte stanze del paradiso”

La terminologia dello Stato islamico

Lo Stato islamico utilizza una precisa terminologia per descrivere le azioni sul campo. Con la frase Carovana dei Martiri, l'organizzazione terroristica identifica le sole operazioni Inghimasi. Con la frase Cavalieri del Martirio, lo Stato islamico identifica le operazioni suicide dei giovani martiri. Soltanto gli autori dei massacri più efferati e con un alto numero di vittime, infine, ricevono il titolo di Campioni. Tutti i termini si riferiscono alle crociate.

Il riferimento alle crociate

Lo Stato islamico perpetua il mito di un Islam sempre in conflitto con l'Occidente cristiano. L'affermazione che "c'è un inesorabile conflitto tra Islam e l'Occidente" non è basata sulla storia, ma sulla retorica utilizzata dagli estremisti per promuovere le loro cause. Nella retorica jihadista le crociate invocano una guerra difensiva dell'Islam contro l'Occidente invasore. Secondo la distorta visione jihadista, il mondo è diviso in due parti (il riferimento è al discorso dell’ex Presidente Bush): o si è dalla parte dei crociati o con l’Islam. E’ uno stratagemma culturale nel tentativo di unire tutti i musulmani in una guerra religiosa. La strategia dialettica ha un fine ben preciso: inquadrare il conflitto in un’ottica religiosa e politica. Con il termine crociati, i jihadisti identificano tutti i nemici dell’Islam. L’ossessivo utilizzo della parola crociati, è strutturato per rendere sempre viva nella mente nei lettori il ruolo dell’Occidente come storico invasore e nemico religioso. Poiché non esiste distinzione (il contenitore crociato annovera tutti i nemici), si rendono implicitamente colpevoli anche i civili, rei di supportare e legittimare qualsiasi tipo di conflitto in Medio Oriente. Ecco perché anche i crociati civili diventano obiettivi legittimi di una guerra. I teorici radicali spiegano che i crociati sono sempre stati sconfitti nel tempo nonostante i loro diversi tentativi di soggiogare il Medio Oriente. Il termine, quindi, rientra in un preciso messaggio di speranza, lotta e vittoria ciclica. Dichiarando gli occidentali come crociati, i terroristi tentano di legittimare le loro battaglie contro coloro che vogliono conquistare la terra della fede, screditando tutti i loro sforzi bellici. Dovremmo essere profondamente scettici nei confronti di quei gruppi terroristici islamici o cristiani che sostengono che la storia è dalla loro parte.

Stato islamico: la Carovana dei Martiri

Il quattro luglio dello scorso anno, per annunciare la morte di Hudhayfah al-Badri, figlio del califfo autoproclamato Abu Bakr al-Baghdadi, lo Stato islamico ha utilizzato la frase “inghimasi operation”. Hudhayfah al-Badri sarebbe morto durante una vasta operazione inghimasi lanciata contro i Nusayriyya ed i russi nella centrale termoelettrica di Homs. Nusayriyyah è il termine utilizzato dallo Stato Islamico per identificare il gruppo religioso alawita a cui appartiene il presidente siriano Bashar al-Assad. Al-Baghdadi ha avuto quattro figli dalla sua prima moglie ed un quinto con la sua seconda moglie. Poco più che adolescente, Hudhayfah al-Badri è stato immortalato nel nuovo template scelto per la Carovana dei Martiri (Caravan of the Shuhada). La nuova grafica predefinita è stata pubblicata per la prima volta il 30 giugno dello scorso anno da ISEA o Islamic State East Asia. Il formato utilizzato da ISEA è stato poi adottato in tutte le province (Wilayah) dello Stato islamico. Le carovane dei mercanti erano come delle piccole città autosufficienti. Erano sempre scortate da personale armato che forniva protezione ai mercanti ed ai loro beni. Nella narrativa strategica gli Inghimasi sono stati consacrati a difensori della carovana, la comunità musulmana.

La morte di Hudhayfah al-Badri mai rivendicata su al-Naba

Hudhayfah al-Badri potrebbe essere certamente morto in altre circostanze. Non disponiamo di alcuna valutazione indipendente che possa confermare la morte di al-Badri annunciata su Amaq e sul canale Islamic state. La presunta morte el giovane non è stata rivendicata su al-Naba. Sfruttare a vantaggio della strategia ibrida (ideologia comune per cellule indipendenti adattative) la morte di uno dei figli del califfo, ha pienamente senso. Incastonando la morte del giovane nella Carovana dei Martiri, lo Stato islamico sperava di ispirare o ordinare operazioni suicide su larga scala per sopperire alla mancanza di un esercito convenzionale. Immolando uno dei suoi figli, lo Stato islamico voleva comunicare ai suoi seguaci sparsi per il mondo, che il califfo era ancora vivo e che dirigeva personalmente le operazioni in Siria. La presunta morte di al-Badri, rappresentava un atto di fedeltà del califfo allo Stato Islamico ed ai suoi seguaci sparsi per il globo. Nell'attacco suicida che ha coinvolto il figlio di al-Baghdadi (ammesso che fosse questa la verità, potrebbe essere morto anche per cause naturali) ritroviamo la rivisitazione moderna della teologia islamica effettuata dall'Isis fin dal 2014.

Secondo la prospettiva jihadista, la finestra temporale utile per compiere un attentato è sempre di ispirazione divina. Il credente vede la vita terrena come una prigione ed ambisce a raggiungere Allah. La prigionia (la vita) è necessaria poichè soltanto le azioni terrene garantiranno le ricompense divine. Il successo non si misura con la forza delle armi o dal numero di soldati schierati, ma si ottiene con la molteplice coesistenza di un certo numero di fattori. I due principali fattori sono la posizione ed il tempo. La determinazione è un segno distintivo dell'esecutore solitario. Parliamo quindi di bidimensionalità dell’operazione solitaria nella sua doppia valenza politica e militare. Vi sono numerose variabili infine, da considerare come la logistica, le opportunità percepite e l'accesso agli obiettivi desiderabili

La tattica Inghimasi

La tattica Inghimasi dal verbo Inghamasa (انغمس) che significa immergersi, ha lo scopo di infliggere nel nemico il maggior numero di danni. Si riferisce ad un combattente suicida in stile forze speciali che porta con se armi ed una cintura esplosiva, che attiva solo quando esaurisce le munizioni o quando si sente minacciato o intrappolato. Gli Inghimasi agiscono essenzialmente come truppe d'assalto con l'obiettivo di ammorbidire le difese dei loro obiettivi militari o civili. Lo Stato islamico ha preso in prestito il concetto di Inghimasi da al Qaeda, che si ritiene averlo introdotto nel moderno mondo jihadista. Il termine è stato identificato per la prima volta sui social media nel 2011, tuttavia l’origine della parola è ben più antica basti pensare al testo Qa’ida fi-l-inghimas fi-l-‘adu wa hal yubah? del teologo arabo ḥanbalita Ibn Taymiyya. Morto nel 1328 a Damasco, Taymiyya è una figura di riferimento del fondamentalismo islamico: molti dei suoi scritti riguardano la condotta islamica in guerra e l'appropriatezza della jihad. Secondo Taymiyya "un combattente musulmano può caricare un gruppo di infedeli in modo tale da sparire in mezzo a loro come un oggetto che affonda in qualcosa che si riversa su di lui". Celebre al riguardo il riferimento alla storia dei Compagni della fossa. Nella principale opera di ibn Nuhaas, "Mashari’ al-Ashwaq ila Masari’ al-Ushaaq", al concetto Inghimasi è dedicato un intero capitolo.

Al Qaeda definisce i combattenti Inghimasi come "coloro che si immergono nelle file del nemico durante la battaglia, per sacrificarsi e aprire le porte della vittoria per i loro fratelli mujaheddin". L'Inghimasi è descritto come "un lupo solitario, una persona che prende una decisione coraggiosa e la attua sul terreno. Le operazioni Inghimasi sono un'arma letale con cui far tremare il nemico". Ai combattenti Inghimasi “sono destinate le più alte stanze del paradiso”. Gli Inghimasi operano spesso insieme ai martiri (Istishhadiun) con differenti tattiche. Gli Inghimasi operano spesso in gruppo e di solito sono a piedi: sono equipaggiati con armi leggere e granate. Gli Istishhadiun operino da soli in veicoli pieni di esplosivo. A differenza dei martiri, gli Inghimasi possono ritornare alla base se la loro missione è compiuta. Un'operazione Inghimasi è solitamente supportata dall'artiglieria nelle retrovie.

Inghimasi, il protettore dell'Islam

Lo Stato islamico offriva alle nuove reclute la possibilità di scegliere il proprio destino: combattente semplice (muqatil), martire (Istishhadiun) o Inghimasi.

Il rango Inghimasi occupa una posizione separata all'interno della propaganda e delle gerarchia militare dello Stato islamico. Le caratteristiche speciali richieste sono: forte fede in Allah, buone maniere, altruismo e l'amore del sacrificio per amore di Allah. Un Inghimasi possiede l'abilità e l'addestramento di un muqatil, ma intende morire nel suo attacco come un kamikaze per ottenere il martirio. Essendo unità d'infiltrazione, agli Inghimasi è concesso indossare gli stessi abiti del nemico. Gli Inghimasi possono radersi, curare il proprio aspetto fisico in base al contesto e adottare le armi che preferiscono secondo le specifiche esigenze. All'Inghimasi spetta la valutazione tattica sul campo e la decisione sul sistema esplosivo che indosserà. Un Inghimasi può ritornare alla base soltanto se è stato raggiunto l'obiettivo desiderato. A differenza del kamikaze, che può indossare un IED dotato di timer o azionato a distanza, solo l'Inghimasi può innescare la detonazione della cintura esplosiva. All'Inghimasi, infine, la possibilità di indossare un giubbotto balistico. Quest'ultimo non è concepito per garantirgli la sopravvivenza sul campo, ma per consentirgli di utilizzare tutte le munizioni trasportate prima di attivare la detonazione del sistema esplosivo indossato.

L’evoluzione della tattica Inghimasi

I guerrieri Inghimasi

Tali unità sono utilizzate in campo aperto come prima ondata contro posizioni nemiche fortificate, bersagli di alto profilo o a copertura delle forze in ritirata. Sono prevalentemente equipaggiati con giubbotti balistici, armi leggere e cinture esplosive. Per i guerrieri Inghimasi il martirio è probabile, ma solo se necessario. Conclusa l’operazione possono ritornare alla base. I guerrieri Inghimasi possono indossare delle maschere.

Arieti Inghimasi

Nell'evoluzione della minaccia, l'ariete Inghimasi è concepito per un maggiore carico utile. Agisce come moltiplicatore di forze sul campo, in prevalenza a copertura delle forze in ritirata. E' solitamente equipaggiato con giubbotti balistici, mitragliatrici leggere e potenti cinture esplosive. Anche gli arieti Inghimasi possono indossare delle maschere.

Gli Inghimasi ombra

La tattica ombra Inghimasi è concepita per devastare il morale delle truppe nemiche. Gli Inghimasi ombra si infiltrano nelle strutture nemiche compiendo attacchi mirati contro i soldati. Sono prevalentemente armati con armi leggere e cinture esplosive.

Lupi Inghimasi

E’ l’evoluzione Inghimasi in contesto urbano. Tali operazioni sono concepite per colpire i soft target. I lupi Inghimasi sono equipaggiati con armi leggere e cinture esplosive: possono indossare delle maschere. Al teatro Bataclan, Sami Amimour, Omar Ismail Mustefai e Fouad Mohamed Aggad hanno condotto un'operazione in stile Inghimasi, uccidento gli ostaggi prima di farsi esplodere. Nel rivendicare la responsabilità per gli attacchi di Parigi, lo Stato islamico non utilizzò la parola Inghimasi affermando: “Allah ha aiutato i nostri fratelli donando loro ciò che più desideravano (martirio). I nostri fratelli hanno innescato le loro cinture nel mezzo di questi kufaar dopo aver esaurito le loro munizioni”. Parigi rappresentò l’evoluzione urbana della tattica Inghimasi. Le tattiche Inghimasi sono state adottate dai terroristi per le operazioni di alto profilo all'estero

La portata di un attacco Inghimasi

A differenza delle tattiche adottate dai kamikaze, le operazioni Inghimasi sono concepite per la massima diffusione sulla rete e la profondita digitale. Attacchi Inghimasi sono già stati trasmessi in diretta streaming su diversi canali. Lo Stato islamico ha perfezionato l’utilizzo di internet, ottimizzando una macchina della propaganda pronta ad attivarsi per esaltare le gesta di un attentato nel mondo. Le operazioni Inghimasi attirano l'attenzione dei media offrendo al pubblico l'opportunità di condividere i contenuti online in tempo reale.

Stato islamico: i Cavalieri del Martirio

Per indicare le operazioni suicide, lo Stato islamico utilizza la frase Cavalieri del Martirio. La parola cavaliere (Faris) è utilizzata molto spesso nelle rivendicazioni (come ad esempio su al-Naba). Con il termine Faris si indentifica il cavaliere musulmano: senza paura, giusto e pronto a difendere l'Islam. L’adozione del concetto di Campioni alla stregua dei Mubarizun nella propaganda jihadista, inizia a presentarsi con una certa periodicità. Ad esempio per il giovane responsabile dell'attentato avvenuto il 12 luglio dello scorso ann,o durante un comizio elettorale in Baluchistan, in Pakistan, lo Stato Islamico del Khorasan ha utilizzato la parola Campione nel video "I Cavalieri del Martirio" diffuso sulla rete 24 ore dopo. Il dodicenne, equipaggiato con un pesante giubbotto esplosivo, ha lasciato sul campo 128 morti ed oltre 200 feriti. Quel bambino è stato prescelto dai terroristi come testimonial per la campagna di reclutamento dei giovani martiri consacrati sul campo a Cavalieri.

La parola نهضة, infine, che potremmo tradurre in risveglio è associata solitamente alle operazioni dei distaccamenti dello Stato islamico. La formula utilizzata per rivendicare le operazioni dei soldati (azione ispirata senza alcun tipo di collegamento con il ramo principale del movimento) non ha subito variazione negli ultimi 24 mesi.

Stato islamico: nel rivendicare il falso attentato una risposta ad al Qaeda

One Ummah, il nuovo magazine di al Qaeda

La decisione dello Stato islamico di utilizzare il template della Carovana dei Martiri, potrebbe essere una risposta ad al Qaeda ed al suo nuovo magazine intitolato One Ummah. La parola Ummah identifica l'intera comunità musulmana. Molti la traducono erroneamente come nazione, tuttavia non è il corretto termine corrispondente poichè nazione in arabo si traduce in Sha'b. Il concetto di Ummah è fondamentale nell'Islam. Esprime unità ed uguaglianza dei musulmani provenienti da diversi contesti culturali e geografici. Ummah è l'intera comunità musulmana. Tale concetto va ancora esteso, poichè identifica coloro che sono destinatari di un piano divino di salvezza sotto la guida di un profeta inviato da Dio. Al Qaeda sceglie non a caso il titolo della sua nuova rivista per screditare e disprezzare lo Stato islamico. Dietro il titolo scelto, al Qaeda comunica che esiste una sola comunità musulmana ed è quella guidata da al Zawahiri. La rivista One Ummah consta di 42 pagine scritte in arabo. Svariati temi affrontati, sia storici che di attualità. Linguaggio semplice e calibrato per un pubblico ampio. L'editoriale a firma di al Zawahiri che troviamo a pagina due, delinea chiaramente la linea di One Ummah: "La Jihad è l'unica soluzione a tutti i problemi e conflitti del mondo musulmano".

Nella propaganda dello Stato islamico, l'Inghimasi è il protettore della comunità musulmana (la carovana).

Tuttavia proprio al Qaeda, ribadisce nel magazine One Ummah, che esiste una sola comunità musulmana ed è proprio quella guidata da al Zawahiri. Il falso attacco rivendicato in Tunisia, quindi, potrebbe essere un grossolano tentativo di dare una qualche tipo di risposta ad al Qaeda.

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