La Svizzera è sul piede di guerra per cercare di arginare il problema degli immigrati. E a rischiare sono anche gli italiani. A distanza di mezzo secolo, la Confederazione ci riprova e la prossima domenica, 27 settembre, la popolazione sarà chiamata alle urne per esprimere la propria opinione riguardo a un progetto di legge denominato “Per un’immigrazione moderata”. Nel referendum viene chiesta la revoca degli accordi sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e gli Stati dell’Unione europea. Se dovesse passare, si rischierebbe una specie di Brexit svizzera. Mentre i promotori del referendum sono i partiti della destra nazionalista, il governo avrebbe espresso parere contrario, preoccupato per i gravi danni che ciò porterebbe all’economia elvetica.
Sostanzialmente, la richiesta nel referendum è quella di vietare qualsiasi trattato di libera circolazione delle persone, andando quindi a modificare la Costituzione. La Svizzera in questo caso uscirebbe dallo spazio Schengen, che permette a tutti i cittadini europei di passare i confini senza restrizioni. Anche quelli svizzeri. Nel caso passasse il referendum, Berna avrebbe un anno per poter arrivare un nuovo accordo con Bruxelles. Se questo non dovesse venire raggiunto, le frontiere verrebbero automaticamente chiuse entro un mese. Nell’accordo con l’Europa però vi è una clausola secondo la quale, la revoca della libera circolazione comporterebbe la decadenza di altri sei accordi. Tra questi, anche l’accesso delle aziende svizzere ai mercati europei e la libertà dei trasporti.
I sostenitori del sì e quelli del no
Tra coloro che sostengono il sì al referendum ci sono i partiti della destra nazionalista. L’Udc sostiene che l’immigrazione nel paese elvetico abbia superato i livelli critici e che il 24% dei residenti siano stranieri. Senza contare i frontalieri, che solo in Italia sono più di 60mila. La conseguenza, sempre secondo il partito, sarebbe un calo dei salari per i lavoratori svizzeri. Al grido di “Mettiamo fine all’immigrazione incontrollata e sproporzionata”, i sostenitori del sì chiedono che il Paese ricominci a controllare autonomamente i propri confini. Nel 2014 l’Udc aveva chiesto, sempre tramite referendum, l’introduzione di quote di lavoratori stranieri. Era passato, ma non era stato alla fine attuato, perché non realizzabile.
Governo e imprenditori si schierano invece dalla parte del no. Un blocco di accesso agli stranieri porterebbe a una crisi economica. Da una parte si avrebbe un calo netto della manodopera, dall’altra quello del pil che potrebbe aggirarsi tra il 3 e il 4% in soli dieci anni. Senza contare che anche i 500mila cittadini svizzeri che lavorano all’estero perderebbero il posto. Sul sito ufficiale, il governo svizzero sostiene che : “Grazie agli accordi bilaterali con l’UE le imprese svizzere, in particolare le PMI, hanno un accesso diretto al loro principale mercato. Senza questo accesso sarebbero meno competitive. Gli investimenti nella piazza economica svizzera diminuirebbero e la produzione verrebbe vieppiù trasferita all’estero. Il commercio con l’UE risulterebbe più difficile e i prezzi in Svizzera aumenterebbero”.
Scattati i controlli in Canton Ticino
In teoria il referendum della prossima domenica non dovrebbe passare, ma le sorprese possono essere in agguato. Lo scorso 20 agosto, un sondaggio voluto dal canale di lingua tedesca della tv di Stato vedeva il no al 61%. Mentre un’altra inchiesta, questa volta dell’agenzia Tamedia, vede il no al 56%. Intanto il Canton Ticino va avanti da solo. Il suo governo ha infatti iniziato a controllare tutti i permessi rilasciati agli italiani, sia quelli di residenza che quelli lavorativi.Secondo quanto rivelato dalla Rsi, il canale di lingua italiana della televisione pubblica, la polizia avrebbe effettuato perquisizioni a domicilio, appostamenti e controlli specifici sui possessori dei permessi.
E a seguito di queste indagini molti permessi sono stati revocati, anche a causa di un basso consumo di energia elettrica riscontrato all’interno della propria abitazione, o per una condanna penale vecchia di 30 anni. Ovviamente sono partiti i ricorsi. Circa il 50% di coloro che hanno fatto richiesta al tribunale amministrativo per la restituzione del permesso, si sono visti dare ragione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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