Un trionfo assoluto. Non ci sono altri modi per descrivere il risultato ottenuto ai Cesar da Timbuktu, il film del regista Abderrahmane Sissako. Sono ben sette i riconoscimenti portati a casa, in una competizione che viene spesso definita come il corrispettivo francese degli Oscar.
Sissako è nativo del Camerun, ma è a Parigi da quando aveva poco più di vent'anni. È il primo africano a vincere il prestigioso riconoscimento. E lo ha fatto alla grande, portando a casa per la sua pellicola i premi come Miglior film, Miglior regia, Miglior soggetto, Migliore montaggio, Migliore fotografia, Migliori musiche e Migliore suono.
Un film non facile Timbuktu, incentrato com'è sulla tematica del dilagare del fondamentalismo di matrice islamica in Africa e fermo in una condanna nettissima del fenomeno. Un riconoscimento, quello ottenuto, che ha ancora più valore se considerato nel contesto di una Francia che ha ancora bene impresse nella memoria le immagini degli attacchi di Parigi, che hanno fatto diciassette vittime.
"La Francia è un magnifico Paese che riesce a risollevarsi di fronte all'orrore, alla violenza, all'oscurantismo", ha detto Sissako nel suo discorso
d'accettazione, durante il gala al Theatre du Chatelet di Parigi. Ha di che essere soddisfatto, se consideriamo che la pellicola, presentata anche a Cannes, è ora in gara come Miglior film in lingua straniera agli Oscar.
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