Man mano che i giorni passano dall’uscita del vaccino Pfizer e ora anche di quello Moderna, si approfondiscono sempre di più le notizie sulla loro efficacia e sui possibili effetti collaterali che potrebbero avere. Una vera e propria bomba è stata lanciata dal British Medical Journal a firma di Peter Doshi, associato presso l’Università of Maryland e che si occupa di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici, che però già il 26 novembre in un articolo sempre a sua firma, si era posto alcuni problemi sull'efficacia dichiarata del vaccino.
All'epoca con in mano i dati dei due vaccini Doshi aveva potuto rilevare evidenti differenze che modificavano sostanzialmente quello fino ad ora detto anche da tutta la comunità scientifica. Il British Medical Journal aveva fortemente criticato i vaccini anti Covid: "Manca una trasparenza sui dati. Non è chiaro se funzionino o meno e non sono stati arruolati sufficienti anziani, persone immunodepresse e bambini per capirne gli effetti su un periodo medio lungo. Ho sollevato domande sui risultati delle sperimentazioni sui vaccini Covid-19 di Pfizer e Moderna, perché tutto quello che si sapeva erano i protocolli di studio e alcuni comunicati stampa", aveva dichiarato il professore.
Dopo cinque settimane dal primo articolo sempre Doshi ha avuto la possibilità di visionare, oltre 400 pagine di dati presentati alla Food and Drug Administration (Fda) prima dell’autorizzazione d’emergenza e dopo averne fatta l'analisi, ha scritto alcune importanti considerazioni nella sezione opinion sempre del British Medical Journal “sarebbe stata in qualche modo compromessa l’efficacia dei vaccini perché questi sono stati fatti in parte su pazienti “sospetti covid” e su covid asintomatici non confermati” Questo lo avrebbe portato a valutare un’efficacia molto inferiore a quella detta fino ad ora: “molto al di sotto della soglia di efficacia del 50% per l'autorizzazione fissata dalle autorità di regolamentazione”. Questa quindi secondo quanto scritto sull’autorevole rivista, non sarebbe del 95% bensì molto al di sotto, tra il 19% e il 29%. Questi calcoli, si legge nella nota, sono stati ottenuti con il seguente calcolo: 19% = 1 - (8 + 1594) / (162 + 1816); 29% = 1 - (8 + 1594 - 409) / (162 + 1816 - 287). "Ho ignorato i denominatori poiché sono simili tra i gruppi" (scrive il professore per chiarire come sono state calcolate le percentuali ndr)
Se fossero stati presentati e analizzati questi dati quindi, non ci sarebbe stata l’autorizzazione da parte delle autorità competenti. Ma c’è di più: "Anche dopo aver tolto i casi verificatisi entro 7 giorni dalla vaccinazione (409 sul vaccino Pfizer vs 287 sul placebo), che dovrebbe includere la maggior parte dei sintomi dovuti alla reattogenicità del vaccino (l’efficacia ndr) a breve termine, questa rimane bassa e arriva 29%. L’unico dato attendibile - dice Doshi - per capire la reale capacità di questi vaccini, sono i casi di ospedalizzazione, i pazienti in terapia intensiva e i decessi".
Ovvio che partendo da queste riflessioni ci sarebbe bisogno di accertamenti più approfonditi. “ll rapporto di 92 pagine di Pfizer, ad esempio non menziona i 3410 casi di 'sospetto Covid-19', né la loro pubblicazione sul New England Journal of Medicine e neanche dei rapporti sul vaccino di Moderna. L'unica fonte che sembra averlo segnalato è la revisione della Food and Drug Administration, del vaccino della Pfizer. C'è bisogno per capire la reale efficacia dei dati grezzi - dice Doshi - ma nessuna azienda sembra averli condivisi.
Pfizer afferma che sta rendendo i dati disponibili su richiesta ma questi sono comunque soggetti a revisione, e Moderna afferma che i suoi dati potrebbero essere disponibili, sempre su richiesta, una volta completato lo studio”.Dati alla mano si parla della fine del 2022 visto che il controllo necessità di due anni. Stesso discorso per il vaccino Oxford/AstraZeneca che pubblicherà i suoi dati a conclusione dello studio.
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