Dalla sua estradizione dal Messico sono passati quasi due anni. E a 21 mesi dal suo arresto, si apre oggi, a New York, il processo contro di lui. L'ultimo signore della droga ed ex leader di uno dei cartelli più violenti del mondo. Negli Stati Uniti dove è detenuto, Joaquín Guzmán Loera rischia l'ergastolo. Tutti lo conoscono come "El Chapo" e sulla sua persona pesano 11 capi d'accusa. Per narcotraffico, cospirazione e riciclaggio. L'identità dei 12 membri della giuria e dei loro quattro supplenti, scelti per esaminare il caso, rimarrà segreta. Il processo, in cui verranno presentati 13.000 documenti, durerà tre o quattro mesi e i giurati saranno scortati e protetti da agenti federali armati. Guzmán, nel frattempo, continuerà a stare in un regime carcerario di isolamento molto duro a Brooklyn. Nella richiesta di estradizione, il Dipartimento di Stato americano si sarebbe impegnato con il governo messicano a non applicare la pena di morte.
Chi è il "narcoboss"
Si è cucito addosso diversi soprannomi, El Chapo. Grazie alle sue capacità organizzative e all'abilità nello spostamento della merce. Alcuni lo chiamano "El Rapido". Ma lui stesso si è definito "il più grande narcboss del mondo" e lo ha fatto nell'intervista rilasciata a Sean Penn per l'edizione americana di Rolling Stones, il 2 ottobre 2016. Figlio di una famiglia di contadini e di un padre violento, Forbes lo ha inserito nella lista degli uomini più ricchi del mondo, al 41° posto, e si stima che abbia, tuttora, un patrimonio di 12 miliardi di dollari.
Gli inizi e la carriera criminale
A 15 anni, realizza la sua prima impresa criminale: coltivare una piantagione di cannabis insieme a quattro cugini. Gli episodi successivi, invece, hanno subito alzato il tiro, perché El Chapo non si è mai accontantato. Ha iniziato facendo da autista ai più importanti criminali messicani, ma già negli anni Ottanta presta servizio al "dottore" della droga, Héctor "El Guero" Palma. Per lui trasporta sostanze e controlla le spedizioni dalla Sierra Madre, nelle zone urbane vicino al confine tra Messico e Stati Uniti. Ma il "leggendario" cartello di Sinaloa, El Chapo l'ha fondato, insieme a due soci, quasi 30 anni fa. E, nonostante la detenzione del suo capo assoluto, non sembra essersi estinto.
L'intuizione della strategia "frammentaria"
Genio del crimine, nelle zone tra Tecate e San Luis Río Colorado, alla fine degli anni Ottanta, ordina di trasportare la droga attraverso aeromobili, utilizzando la strategia frammentaria, che consisteva nel trasferire un quantitativo relativamente basso di merce per mantenere ridotti i rischi e tenere la situazione sotto controllo. Colpisce chiunque la sua capacità di spostare grossi quantitativi di sostanze nei tunnel sotterranei, per farli arrivare in America. El Chapo, per sfuggire alle autorità, confeziona la cocaina anche in lattine di peperoncino. In cambio del silenzio di agenti doganali, procuratori e forze dell'ordine offre loro tanti soldi.
Il primo arresto nel 1993 e la crescita del cartello
Nel 1993, però, uno dei suoi canali sotterranei viene scoperto a Tijuana: è lungo 443 metri e attraversa il confine dello stato con quello americano. El Chapo viene arrestato il 9 giugno dello stesso anno dall'esercito del Guatemala, mentre si trova in un hotel. Viene estradato in Messico e portato al centro federale di reintegrazione sociale, una prigione di massima sicurezza in Almoloya de Juárez. L'accusa è, oltre che di traffico di sostanze, di omicidio. Durante la sua detenzione il cartello cresce e opera ancora. Lo coordina il fratello, Arturo, che tutti conoscono come "El Pollo". Una fitta rete di corruzione rende la detenzione di El Chapo sicuramente molto meno pesante di quella di un prigioniero qualsiasi. Nel 1999, lancia sul mercato la Meth, sostanza proveniente dal Sud-Est Asiatico. Che fa impazzire i consumatori di entrambe le Americhe. Da lì riesce a evadere il 19 gennaio 2001, quando la guardia carceraria Francisco "El Chito" Camberos Rivera gli apre la porta elettrica della cella, permettendogli di infilarsi in un carrello per la lavanderia.
Il secondo arresto e la fuga
Dopo un periodo di latitanza in cui fama e impero crescono ancora, El Chapo viene arrestato di nuovo dalla Marina Messicana. Per evitare un'altra fuga, la sorveglianza all'interno del penitenziario e nelle aree circostanti viene gestita da un enorme contingente militare permanente, con telecamere disposte ovunque. Ma nel 2015 fugge una seconda volta. Lo fa attraversando il passaggio in un tunnel sotterraneo, scavato nella doccia (unico punto in cui non è mai arrivato l'occhio della telecamera). Il percorso è lungo 1.5 km.
Il terzo arresto e l'estradizione
La fuga, questa volta, dura meno rispetto alle altre evasioni. Il boss viene arrestato l'8 gennaio 2016. Probabilmente, questa volta, a causa del suo ego.
L'intervista che il leader del cartello di Sinaloa decide di rilasciare a Sean Penn gli costa l'ultimo decisivo arresto. Perché è seguendo i movimenti e le comunicazioni tra l'attore e il boss che la Marina Militare riescea a individuare il suo covo. L'estradizione, chiesta dagli stati uniti, è arrivata nel 2017.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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