"Era compiaciuto di quello che ha fatto". Il gip inchioda lo stupratore della stazione Centrale di Milano

Potrebbe reiterare il reato, è pericoloso e non mostra segni di pentimento: il gip non apre le porte del carcere al marocchino che ha violentato la turista in stazione Centrale

"Era compiaciuto di quello che ha fatto". Il gip inchioda lo stupratore della stazione Centrale di Milano

Il gip ha confermato la permanenza in carcere di Fadil Monir, il 27enne marocchino senza fissa dimora che è stato fermato giovedì per aver violentato una donna di 36 anni in un ascensore della stazione Centrale di Milano. Non ci sono gli elementi per rilasciarlo ma, anzi, c'è un quadro piuttosto chiaro che non viene minimamente intaccato dagli elementi divergenti forniti dalla donna nelle sue testimonianze subito dopo l'aggressione. Il gip le considera discrasie marginali, che possono essere imputate allo choc o al "timore di essere ingiustamente giudicata".

Il suo aggressore, invece, viene definito quasi "compiaciuto" dello stupro compiuto, sicuramente "sfrontato". Ha tentato in tutti i modi di negare di essersi reso autore di un gesto così vile e vigliacco, cercando di far credere agli inquirenti che la sua connazionale fosse, in qualche modo, compiacente. Monir ha dichiarato di aver conosciuto la turista di passaggio a Milano 4 giorni prima e di aver avuto subito con lei rapporti a pagamento. A suo dire, la denuncia sarebbe arrivata quando lui ha finito i soldi, quasi come una sorta di vendetta. Una versione che il gip ha ritenuto inverosimile, tanto da convalidare il fermo. La donna è arrivata a Milano da Oslo alcuni giorni prima rispetto allo stupro e qui si è fermata ospite da alcuni amici.

Il giorno della partena è arrivata in stazione con larghissimo anticipo rispetto all'orario di partenza del treno per Parigi, fissato per le 6 del mattino, e alle 2 ha incontrato il suo aggressore. Come spiega il Corriere della sera, lui l'avrebbe convinta a seguirlo nei giardini laterali della stazione, dove si sarebbero compiute le prime violenze. Sono state lunghissime ore per la 36enne, con le violenze che si sono potratte fin dentro la stazione, negli ascensori, come rilevato dalle telecamere. E c'è il video che lo dimostra e che "restituisce un contesto di totale sopraffazione di una donna indifesa, che l'indagato costringe, con impietosa ostinazione, a subire atti sessuali". Quella prova documentale spazza via le incertezze del racconto della vittima nell'immediatezza dei soccorsi sull'incontro con l'uomo e una prima violenza nei giardinetti della stazione e quanto ha poi formalizzato nella querela.

Le immagini smentiscono "in maniera inconfutabile" la versione dell'indagato che deve rimanere in carcere perché ha "una personalità priva di freni inibitori, violenta e senza alcuna capacità di revisione critica e resipiscenza".

Il carcere è quindi l'unica soluzione dato che, "anche in considerazione delle sue condizioni di vita", si può ritenere che "concretamente possa reiterare reati della medesima indole per appagare i suoi istinti sessuali".

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