Ora i migranti arrivano con le sentenze vinte contro il Viminale (e l'Italia paga)

Solo negli ultimi mesi sono molti i casi di migranti che impugnando cause contro il Viminale hanno ricevuto visti eccezionali per l'entrata nel nostro paese. Ecco le sentenze in esclusiva

Ora i migranti arrivano con le sentenze vinte contro il Viminale (e l'Italia paga)

Visti e procedure "eccezionali" per i migranti che adesso arrivano in Italia con le sentenze vinte contro il Viminale. A firmare tali decisioni sembrerebbero essere sempre gli stessi giudici. Ultimo caso è quello di un soldato afgano che ha combattuto, collaborando anche con l’Italia, fino alla ripresa del regime dalla parte dei talebani. Da quel momento è fuggito in Tagikistan, come la maggior parte degli afghani, lasciando moglie e cinque figli in Afghanistan. Oggi, però, il Tribunale civile di Roma ha emesso a suo carico un'ordinanza quantomeno singolare che nonostante l'assenza del suo nome nelle liste di evacuazione lo porta "magicamente" in Italia con visto "umanitario eccezionale" insieme a tutta la sua famiglia.

La decisione del giudice

Come si legge nella sentenza di cui IlGiornale.it è entrato in possesso, il giudice Damiana Colla ha ordinato "al ministero degli Affari esteri e della cooperazione Internazionale (Antonio Tajani ndr) il rilascio del visto d’ingresso per motivi umanitari". Il visto è esteso non solo all’uomo ma anche a tutta la sua famiglia. Precedentemente era stato negato in quanto il soldato, una volta che i talebani erano saliti al potere, non aveva preso uno dei voli umanitari riservati a chi aveva intrapreso collaborazioni anche con l'Italia. Ma c’è di più. Nella sentenza si legge che il Comando operativo di vertice interforze (Covi) ha dichiarato che "nel database sulla base delle informazioni al momento disponibili [...] non risulta alcuna richiesta formale di assistenza a favore dei nominativi che compongono il nucleo familiare dei ricorrenti".

Il mistero nelle liste di evacuazione

Il padre, arrivato in Italia con corridoi umanitari, sembrerebbe non aver fatto nessuna richiesta di ricongiungimento familiare, motivo per cui il soldato non avrebbe diritto allo status di rifugiato in Italia. "Assenza di richiesta informali", si legge ancora nella sentenza che però, secondo il giudice Colla vengono superati "dall'uniformità dei contatti intrattenuti con i militari italiani". Insomma, nessun nome del soldato afghano nelle liste di evacuazione, ma rapporti amichevoli con soldati italiani che avrebbero promesso l’ingresso nel nostro paese: questo sembrerebbe bastare per ottenere un immediato visto umanitario. Non solo per lui ma anche per la sua famiglia che, per legge dovrebbe richiedere lo status di rifugiato recandosi nelle procure delle città vicine alle abitazioni. Percorso anche questo superato in quanto, come scritto nella sentenza, è stato permesso di compiere i moduli di identificazione e la validità della domanda attraverso procedure online.

Non è un caso isolato

Lo stesso avvocato difensore, Loredana Di Leo, ha sottolineato "l'eccezionale rilevanza di questa ordinanza, auspicando che essa possa fungere da solido precedente giuridico, aprendo nuove prospettive di tutela". Purtroppo quello del soldato afghano non è un caso isolato. Il giudice Colla è, infatti, la protagonista della sentenza che ha condannato il Viminale alla restituzione di ben 18mila euro a un pakistano della rotta balcanica solo qualche mese fa.

L'uomo era fuggito addirittura nel 2018 dal suo paese, arrivando in Italia dal confine con la Slovenia dove era stato accolto mediante la firma di alcuni documenti, come avviene sempre. Successivamente, non avendo dato seguito alla richiesta di asilo era stato affidato alle autorità slovene, che poi di conseguenza lo hanno rimbalzato a quelle croate per poi essere rispedito in Bosnia. Il Viminale aveva affermato, infatti, "la legittimità della pratica della riamissione informale dei cittadini stranieri verso lo stato membro dal quale hanno fatto ingresso, quando essi siano individuati nell'immediata prossimità spaziale e temporale dell'attraversamento irregolare della frontiera e quando ciò sia previsto da un accordo tra gli stati interessati". Il Pakistano fa poi rientro in Italia, a Brescia, nel 2021 dove gli viene accordato lo status di rifugiato: "la più elevata forma di protezione internazionale", sottolinea il giudice Colla che però chiede e ottiene il risarcimento per il ritardo nell'accesso della procedura d'asilo. 100 euro al giorno che lo stato italiano oggi deve pagare all'uomo, per un totale di circa 18mila euro più quasi 4 mila euro per le spese di lite.

Le cure mediche ai migranti

Stessa cosa in un'altra sentenza a favore di un nigeriano al quale è stato autorizzato il rimborso per le spese per prestazioni sanitarie programmate in un ospedale di Torino, dopo che il giudice Colla ha ordinato il rilascio di un visto di ingresso per cure mediche. Si scopre, però, leggendo l’ordinanza (anche questa in possesso de IlGiornale.it) che il minore "aveva lasciato la Nigeria ad insaputa dei familiari all’età di 14 anni", questo per raggiungere la madre in Italia, che non aveva chiesto ricongiungimento familiare, e che era stato identificato in Libia senza documenti e affidato a una famiglia di Tripoli. Il minore non aveva ottenuto né documenti né visto d’ingresso per l’Italia in quanto non c’erano le condizioni.

Tutto ciò però, scrive il giudice, non può essere "ostacolo all’accoglimento della domanda" e, ancora, ritiene che l’Italia debba "rilasciare un visto nonostante l’opposizione al rilascio di un visto uniforme".

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