"Gli uomini sono privilegiati, come le donne bianche". L'attacco a tutto campo di Elena Cecchettin

Per Elena Cecchettin, la nostra società non deve interrogarsi sulla questione del velo islamico perché "non facciamo parte di quella cultura. A volte il femminismo e l’emancipazione femminile vengono utilizzati come scusa per il razzismo"

Elena Cecchettin, "La vita in diretta"
Elena Cecchettin, "La vita in diretta"
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Elena Cecchettin, 25 anni, attivista. È così che la sorella di Giulia viene presentata sulla cover del settimanale Grazia in edicola questa settimana. La giovane studia alla facoltà di Microbiologia dell'Università di Vienna, come viene spiegato nell'intervista all'interno e probabilmente la chiacchierata fatta con il direttore del settimanale, Silvia Grilli, è in occasione della Giornata internazionale della Donna e Cecchettin ha voluto raccontare la sua visione del mondo in quest'ottica rispondendo alle domande della giornalista. Comprensibile da parte sua la profonda mancanza di sua sorella Giulia, barbaramente uccisa dall'ex fidanzato, Filippo Turetta. Alla base del delitto la gelosia dell'uomo, l'incapacità di accettare l'indipendenza di Giulia, che da lì a poco, era novembre 2023, sarebbe andata a studiare a Bologna.

Le due sorelle erano molto unite e la rabbia che prova Elena Cecchettin oggi non può e non dev'essere giudicata e nemmeno biasimata. Anche perché in poco più di un anno la sua famiglia ha subito anche il lutto della madre. Tuttavia puntare il dito contro tutti gli uomini bianchi solo perché tali, perché uno di questi ha commesso un abominio, non può essere la normalità. "Prima della morte di Giulia eri già consapevole che tutti gli uomini, nessuno escluso, godano dei privilegi della cultura dello stupro?", chiede la giornalista a Cecchettin, secondo la quale "bisogna fare un lavoro di decostruzione di una mentalità che ci viene inculcata da tutto (società, tv, ogni contesto) e da cui tutti gli uomini traggono vantaggio". Secondo la sorella di Giulia, un uomo viene definito "buono" solo perché "non violento" mentre una donna che "alza la voce perché le viene mancato di rispetto, diventa automaticamente una pazza, feroce".

Gli uomini, prosegue, "devono capire che hanno un privilegio. Tutti, anche chi si batte contro la violenza di genere, anche mio padre e mio fratello. Il privilegio non ti rende malvagio, ma devi imparare a usarlo per lottare per chi non ce l’ha. Quando lo si capisce è l’inizio del cambiamento". Alla domanda se lei sente di avere privilegi, Cecchettin spiega che lei non gode "del privilegio di genere in quanto donna, però sono bianca, quindi ho un vantaggio che una persona non bianca non ha". E, aggiunge, "quello di cui io, persona bianca, devo rendermi conto è che non ho fatto assolutamente niente per avere questo vantaggio. Sono solo nata così. È stato un caso". Per questo motivo si sente investita del dovere di "distruggere il concetto di privilegio, affinché un giorno tutte le persone possano avere le stesse possibilità". Nel proseguo dell'intervista si parla della nascita del suo ruolo da attivista e leader di movimento, dell'impatto sociale dei femminicidi e poi Grilli chiede a Cecchettin un commento sul caso di Monfalcone, dove tre studentesse hanno chiesto (e ottenuto) di andare a scuola con il nijab, velo integrale islamico.

Alla domande se queste ragazze siano vittime del patriarcato o esprimano libertà religiosa, Cecchettin diventa evasiva e mette il piede in due staffe. "Una persona può essere religiosa e accettarlo di sua spontanea volontà o essere obbligata dalla società, dalla famiglia", spiega Cecchettin, secondo la quale "dovremmo cercare di educare all’autodeterminazione, però accettare anche la possibilità che una persona compia atti che noi non faremmo". Alla replica di Grilli, che sottolinea come il velo integrale sia un obbligo solo per le donne, la sorella di Giulia replica sostenendo che "anche in una religione che abbiamo in casa ci sono comportamenti patriarcali" e che quando ha visitato una basilica è stato chiesto solo a una bimba di coprirsi le gambe e non a un bimbo. "Penso che questa conversazione non vada fatta tra noi non musulmani che non facciamo parte di quella cultura. A volte il femminismo e l’emancipazione femminile vengono utilizzati come scusa per il razzismo", conclude Cecchettin.

La società occidentale, quindi, non dovrebbe interrogarsi su quanto accade nelle comunità islamiche che però sono sempre più nutrite nelle nostre città e che tendono a sottrarsi alla legge statale in favore della Sharia.

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