Il nazismo antinazista della nipote di Goering

La genetica è sicuramente una delle scoperte più importanti dell’ultimo secolo di scienza occidentale. Ma pensare che la complessità dell’uomo possa essere ridotta ad una successione di tratti di cromosoma è un po’ come credere che si possa comprendere il contenuto di un giornale tenendolo a due centimetri dagli occhi: si vedrà lettera per lettera ma certamente sfuggirà il senso delle notizie, e soprattutto il loro significato nel senso complessivo di una giornata. La saggezza prima ancora che la disciplina sperimentale ci ha insegnato che per comprendere la realtà della realtà occorre il microscopio ma anche il macroscopio. I geni e le razze hanno fatto parte dei grandi entusiasmi delle peggiori ideologie del Ventesimo secolo. Il nazismo aveva tracciato sulla teoria delle razze umane potenziata dalla visione dei geni tutta la propria logica. Oggi scopriamo che la nipote di Hermann Goering ha rinunciato a procreare, nel timore di poter trasmettere i geni diabolici del nazismo.
Tutto ciò rappresenta effettivamente il paradosso dei paradossi. Insomma, diciamo una sorta di nazismo nell’antinazismo militante. L’idea che possa esistere il cromosoma della svastica o della pulizia etnica rappresenta in qualche modo il perfetto speculare del male che dice di curare. In realtà i comportamenti dell’uomo sono il risultato di un meccanismo assolutamente irriducibile al meccanicismo delle basi puriniche e pirimidiniche di cui è fatta la doppia elica del Dna.
L’uomo nelle sue virtù e anche nei suoi vizi, ahimè, è soprattutto il risultato dell’apprendimento e della translazione culturale che unisce generazioni e generazioni in una danza complessa, che salva quasi sempre la libertà dell’umano, e in verità anche il suo orizzonte di assoluto e quindi di divino. Come gli stessi sociobiologi, molto amici della genetica per altro hanno confermato, l’umano esiste perché esistono i geni, ma soprattutto perché esistoni i memi. I memi, cioè quei geni culturali attraverso i quali noi apprendiamo l’aggressività verso l’altro, e il desiderio di sopraffarlo, ahimè. Ma anche la tendenza alla solidarietà, alla comunità e all’identificazione pietosa. Questo è forse quello che è sfuggito per un eccesso di rigidità in verità «razzista» all’incontrario alla povera nipote di Hermann Goering. Ma credo che anche questo non dipenda dai suoi geni.
Credo che invece rappresenti purtroppo una di quelle adesioni feroci e acritiche alla dittatura delle dittature di questo secolo: quella del «politically correct». Quella cioè che trasforma molto spesso ogni cosa nel suo contrario. E non riuscendo ad accettare e a raccogliere la presenza dell’ombra nell’incomprensibile mistero dell’uomo pensa di poter ridurre tutto ad una sorta di asettica infermeria in cui il male venga epurato attraverso i meccanismi della ragione e del buon senso imposto dalle leggi di una democrazia pseudo egalitaria. E quindi anche lei una carnefice ma una vittima. Il razzismo d’altra parte è un male che ancora alligna tra gli uomini. Esiste comprovatamente una sola razza: la razza umana.
Effettivamente a prescindere dal colore della pelle, dalla latitudine della nascita, e dalla cultura di appartenenza un uomo e una donna che si scambino intensamente sguardi ed energie in un incontro d’amore danno luogo ad una discendenza fertile. Asini e cavalli sono specie diverse, infatti la loro progenie, il mulo, è infeconda. Mentre invece l’incontro tra un esquimese e una boscimane dà luogo a bambini meravigliosi. Credo che anche la nipote di Goering e Goering stesso lo avessero ben presente. Per questo sull’onda di una dittatura della tolleranza all’incontrario e di una paura fobica del proprio passato, che purtroppo ha segnato frequentemente e non invano la cultura tedesca in questo secolo, anche la castratrice dei propri geni sembra averlo dimenticato.

Vorremmo consolarla per questo e dire di avere meno paura dei geni anche perché più dei cromosomi quello che conta come ben si sa tra gli uomini, sono le anime e le idee. Anche quelle dei veri geni come Socrate, Budda o persino Gesù, che era anche Dio, non hanno smesso di insegnare fino ad ora.

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