New York anni ’50, l’alba delle ragazze in carriera

Nel 1958 Rona Jaffe (1931-2005) aveva già capito tutto. L’emancipazione della donna e il suo ingresso nel mondo del lavoro avrebbero reso problematico conciliare l’amore con la carriera. Risale infatti a quegli anni Il meglio della vita, soltanto ora tradotto in italiano da Neri Pozza (pagg. 559, euro 18), un romanzo voluto dall’editore Robert Gottlieb, convinto che da quell’argomento, e dalla penna della Jaffe, sarebbe nato un bestseller. E così fu, tant’è che la casa americana Penguin due anni fa decise di farne una nuova edizione non più dedicata alle giovanissime di allora, ma all’odierna schiera di single fra i trenta e i quarant’anni che vivono il dilemma amore-lavoro. Fedelissima interprete dell’animo femminile, capace di innescare quel processo di identificazione fra lettrice e personaggio indispensabile in ogni romanzo rosa, la Jaffe non è propriamente un’autrice di «rosa» sentimentali ma di chicken literature, cioè «letteratura per galline», ma in realtà attenta al sociale e in questo caso all’inserimento delle donne nel lavoro.
La storia è ambientata a New York, dove cinque ragazze al primo impiego in una casa editrice tentano di emanciparsi dalla famiglia. Ne risulta uno spaccato vivace e minuzioso delle loro giornate fra levatacce e corse in metropolitana, pasti saltati e monolocali condivisi, feste aziendali e prime esperienze amorose. Ciascuna di queste ragazze si aspetta «il meglio della vita», un uomo che le ami e il successo, ma la realtà, con i suoi imprevisti e le sue durezze, non corrisponderà ai sogni più rosei della giovinezza e tranne Caroline, che riuscirà a far coesistere la brillante carriera con un gran matrimonio, costringerà a compromessi mediocri le altre: April, Mary Agnes, Gregg e Barbara. Siamo ancora in epoca di puritanesimo e la libertà sessuale, tabù non ancora superato, rischia di compromettere la reputazione in vista di un matrimonio felice.


Fra cinque protagoniste sapientemente diversificate nel carattere, nell’aspetto, nelle amicizie e nelle rivalità, nella felicità e nelle delusioni sentimentali, le giovani lettrici di un tempo hanno avuto la possibilità d’identificarsi con quella a loro più simile, e le storie hanno ottenuto tanto successo che le dattilografe della tipografia che stampava il romanzo capitolo per capitolo telefonavano alla scrittrice per sapere come finivano le varie vicende. Il passaparola era stato così fitto che Il meglio della vita era già famoso prima ancora di diventare bestseller.

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