La nostra bocca

Addio alle impronte? Uno spauracchio per i pazienti dal vomito facile, ma non solo. Nessuno, infatti, è felice di farsi riempire la bocca di un materiale che ha la consistenza di un fluido denso, che polimerizza (cioè indurisce) in 4-6 minuti, che a volte sembrano un'eternità. Poi è sempre possibile che l'impronta non venga bene, e che si sia punto e a capo.

Per fortuna, da un po' di tempo sono arrivati gli scanner intraorali. Che svolgono le stesse funzioni dello scanner che abbiamo spesso sia in casa sia in ufficio. La differenza degli scanner odontoiatrici è che sono dotati di una telecamera talmente piccola da poter essere inserita in bocca, eseguendo così una scansione dei denti, delle gengive e dell'occlusione (cioè la chiusura tra i denti superiori e inferiori). L'ortodontista può così lavorare sui modelli digitali tridimensionali delle arcate dentarie.

Il formato digitale consente straordinarie possibilità di simulare le terapie con un risultato accurato ed esatto. Inoltre, grazie alle immagini, la comunicazione con il paziente si semplifica molto: meglio far vedere sul computer il prima e il dopo, piuttosto che spiegarlo con termini tecnici. Per avere un'idea di quello che si può ottenere, basta pensare al rendering 3D in architettura, si tratta dello stesso concetto applicato all'ortodonzia: come si può vedere il risultato della ristrutturazione del proprio appartamento, così si può apprezzare come sarà il sorriso alla fine del trattamento ortodontico.

I vantaggi della procedura però non si fermano qui: lo strumento promette e mantiene sì effetti speciali, ma è anche molto utile per lo specialista che deve «progettare» spostamenti dentari millimetrici.

*Professore a contratto

(www.studiomottarossi.it)

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