La libertà non ha mai saputo cosa sia, la felicità neanche.L’una,se non l’altra,la troverà su questa terra ma in un altro mondo. Tra pochi mesi,appena farà caldo,Erika partirà per l’Oceano Indiano, Madagascar, in uno di quei posti dove si ricomincia da capo, a cercare la parte migliore ma irraggiungibile di se, un nuovo modo di vivere la vita, un motivo, se c’è, di guardarsi allo specchio con meno ferocia. Farà l’insegnante, spiega Don Mazzi a La Stampa , «dove ci sono cinquecento bambini che hanno bisogno di essere alfabetizzati». Bambini che non hanno niente, soltanto un bellissimo sorriso, uguale a quello di Gianluca, il fratellino, e mani che ti salutano dal video quando la tv li inquadra. Insegnante di bambini, è difficile da capire. Erika De Nardo a 26 anni, dieci anni dopo un’altra lei,non può più essere meno di quello che è: una fatina cattiva con il viso da Cenerentola, una killer bambina che ha ucciso la mamma e il fratellino che non voleva affogare nella vasca con cinquantasette coltellate, per farlo smettere di agitarsi, per farlo smettere di esistere, undici anni, un quarto d’ora d’agonia.«Io in prigione non ci vado » gridava alla lettura della sentenza, adesso il terrore si è capovolto, la paura vera è uscire dalla gabbia, dove molti la vorrebbero prigioniera per sempre. Libera dopo solo dieci anni di galera, ma condannata a essere se stessa per il resto della vita. Una ragazzina che ha ucciso il proprio mondo, la propria carne, i propri amori, e quellidi nessun’altro,ma per questo più imperdonabile di altri, più sola di tutti: «A suo padre, con cui ha un rapporto straordinario- continua Don Mazzi - ha detto: pensa papà, io che non sono capace di uccidere una mosca, ho ammazzato mia madre e mio fratello».La assolve il don, in fondo è il suo mestiere: «Quando ha ucciso non era lei, era alterata». Alterata dalla droga. Per questononvuolecheriveda Omar. Come se fosse possibile visti il rancore e il disprezzo,che è peggio dell’odio,della sua ultima lettera: «Per fare soldi ti sei fatto fotografare al cimitero da mia madre e mio fratello, sei un viscido, vergognati...». Il sacerdote sa che la guerra non è mai finita: «Non ho niente contro Omar ma non voglio che la incontri: non è opportuno che ritornino le amicizie e le emozioni che c’erano prima».
Erika non resterà in Italia, impossibile far finta di niente. L’aria che tira è nella parole della leghista Angela Maraventano: «Cosa vuoi che insegni una che ha trucidato madre e fratello? Forse come si sgozzano le capre? E chi paga, caro Don Mazzi, il soggiorno della soubrette Erika nelle spiagge del Magadagascar? ». Starà cinque o sei mesi nella comunità «Paradiso» di Lonato, nel Bresciano, dove è entrata il cinque ottobre scorso per scontare gli ultimi due mesi. Poi via. Non è il posto che non si adatta alla sua vita, è la sua vita che non si adatta a questo posto.
Resta papà. Papà che non parla, papà che non molla. Che gli piaccia o no Erika è tutto ciò che ha. Almeno per ora: «Vuole che suo padre si rifaccia una vita, una famiglia ». Detto da lei che è lo stesso viso della madre, due amori in uno, la vittima e il carnefice. Se non ti basti da solo però non puoi riempirti la vita con un’altra persona:«Ma io spero di sposare suo papà. Il suo unico timore ora è che Erika possa ricadere nella droga». Non c’è in giro chi ripara i destini, puoi solo provare a cambiare, giusto o sbagliato che sia. La cosa più complicata, ma non solo per lei, è diventare ciò che si vuole.
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