
Ve lo ricordate il “copyleft”? Era, vent’anni fa, il contrario del “copyright”, portato avanti da attivisti anticapitalisti, antiglobalisti, che ritenevano che il sapere dovesse essere di tutti, per cui erano contrari ai diritti d’autore. Perché riesumo questa storia? Perché, paradossalmente, oggi a portarla avanti sono le Big Tech dell’AI.
C’è uno scontro in atto nel Regno Unito, ma anche OpenAI (a cui si è accodata anche Google) ha chiesto a Donald Trump di cambiare le normative affinché si possa addestrare l’AI anche con contenuti protetti da diritti d’autore. Cosa ne penso? Che ci sono pro e contro. Perché l’intelligenza artificiale, oltre che con utenti umani, la addestri proprio sguinzagliandola sul web. Paradossalmente se non ci fossero testi umani non saprebbe dove attingere le conoscenze, per conto suo non potrebbe generare niente (se non le idiozie che trova sui social e siti web che veicolano fake news). Se per esempio riguarda testi scientifici (anche protetti da copyright, ma autorevoli, per esempio un articolo pubblicato su Nature, o Science) direi che è giusto, anche per contrastare un mondo in cui dilagano le fake-news. Ma non sembra questo il problema, anche perché i risultati scientifici, i paper autorevoli, sono già aperti per conto loro: la scienza si basa sulla condivisione.
Cosa succede però se l’AI ha accesso ad arte, musica, letteratura? Negli Stati Uniti si invoca il “fair use”. Per esempio, prendo un artista italiano che stimo e conosco bene: Max Papeschi. Se nelle sue opere utilizza Topolino o Paperino, non deve pagare niente alla Disney, perché è appunto “fair use”, e diventa una sua opera. Se però sono una casa editrice e metto Topolino sulla copertina di un libro (che non sia un’opera di Papeschi), devo pagare i diritti alla Disney.
Il punto però è che l’AI funziona prevalente “rubando”, e del copyright se ne frega. Le limitazioni che ha al momento sono poche, visto che è tutto in rete, per cui può facilmente generare musiche, immagini e testi ispirati (se lo facesse un umano sarebbe plagio) senza dover rispondere di niente a nessuno, in fondo l’ha fatto l’AI.
Sinceramente dubito che si riesca a regolamentare l’accesso ai contenuti protetti da copyright (dubito perfino non lo facciano già adesso), anche perché le Big Tech americane dicono: «Se non lo facciamo noi, ci supera la Cina», e in effetti figuriamoci se la Cina si preoccupa del copyright (già le sue AI sono controllate dallo Stato). Tuttavia, ritorno all’esempio iniziale, il copyleft. Chi l’avrebbe mai detto che a chiederlo fossero proprio i nemici di quegli attivisti di sinistra?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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