Oriente, terra di tiranni

Eccolo, palese per tutti, l'Oriente mentre emana il suo arbitrio smodato, assurdo; ma che in Occidente ci si educa a non voler vedere. La mite San Suu Kyi è entrata ieri nell'aula dove le si intenta in Birmania quel processo ch'è una farsa inventata solo per tenerla altri anni rinchiusa e innocente. Come in una favola tremenda lei deve essersi guardata intorno, impaurita ma più ancora stupita per la cattiveria che le fanno. All'incirca mentre nella Corea del Nord, Kim Jong Il, coi capelli gonfiati dalla permanente, si complimentava per avere così bene spaventato tutto il mondo con la sua bomba. Fanatici in divisa intanto lo osannavano, come oppiati e in oblio di quanto sono affamati. Ed è questa smodata mancanza di limite per ogni arbitrio che subito si avverte. Anche solo scorrendo le foto dei giornali; e guardando poi quei visi posseduti da un fanatismo che le cattiverie dei comunisti, pur potenziate ogni volta dalla loro stupidità, non basterebbero a spiegare.
Pare ormai infatti di essere in un film di James Bond: ed è come se ogni gesto fosse smodato, non trovasse limite, si perdesse nella vanità di tutto. L'Oriente si riconferma insomma quello di sempre, in cronico difetto di forze dell'io, e perciò diverso senza rimedio dall'Occidente.
Ed in effetti a ben vedere già negli anni Cinquanta c'era chi con molta ragione vedeva dietro i successi del comunismo non le manie di Marx, ma l'anima dell'Oriente. La sola efficacia del comunismo sarebbe stata la sua somiglianza al dispotismo orientale. Quanto appunto s'è visto confermato ieri. E risulta peraltro vero non soltanto per gli sfortunati della Birmania o della Corea del Nord. È l'identico dispotismo che la dinastia di Mao usa per governare i cinesi, nei quali non ci vuole molto a riconoscere un senso della propria persona e della libertà più precario. Si leggano, per esempio, le lettere del paleontologo, nonché grande teologo, Teilhard de Chardin, per il quale l'io, e la persona singola erano sentiti in Cina come una patologia. E in Oriente non sono del resto ovunque più labili, inesistenti i confini dell'arbitrio contro chiunque? E l'Islam, ma davvero è pensabile senza l'Oriente?
Ma se tutto ciò è vero, forse ne consegue pure che Obama sta sbagliando tutto. Dalle esitazioni degli Stati Uniti con l'Iran, Kim Jong Il ha infatti subito dedotto che poteva rilanciare. La bomba e i missili significano per lui solo tentare di ottenere le stesse concessioni fatte ad Ahmadinejad. E cosa si vuole che contino gli accordi violati? Dai tempi di Erodoto per i despoti orientali conta solamente l'obbedienza al loro arbitrio. E sono quegli stessi despoti che in Birmania tormentano la nazione, ma protetti dalla Cina, sulla quale l'America fa però ben poca pressione. Per non dire della Europa, ancora meno decente. Insomma, per quante l'Occidente ne abbia fatte all'Oriente col colonialismo, le stiamo già ripagando tutte.
E sarebbe forse allora il caso di non obliare quanto l'Oriente fosse, già prima di noi, colmo di arbitrii suoi propri.

Vale la pena di ricordare come fu risposto a re Giorgio III d'Inghilterra che nel 1792 mandava dei doni. Il Celeste Impero replicò, come rammenta il sinologo Mosher: «Che il re straniero doveva agire in conformità ai nostri desideri... giurando perpetua obbedienza... ».

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