«Due uomini, una bara. E una decisione da prendere: chi vive, chi muore. Si può riassumere così «Ouminicch», in scena al Teatro della Contraddizione fino al 2 novembre.
Trentasetti e Trentaquattru non hanno scampo, sin dal principio. Costretti come sono a giocarsi il tutto per tutto. Due uomini che sanno di morire e per questo si affidano ad una spiritualità fatta di santini, di segni rivelatori che non rivelano, che restano silenziosi come una coscienza collettiva. Sembrerebbe una storia di mafia. In realtà, è una storia che ha a che fare con la vita, quella cupa e infame di chi non ha nessunaltra via duscita, di chi ha vissuto nel sottosuolo becero della cultura del potere, quella viscerale di chi non possiede nullaltro. Quella di tutti. È una storia che si universalizza, che ha la pretesa di farsi metafora comune di un luogo, il nostro, che ha smesso di appartenerci.
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